Il
dialogo interreligioso
Anna: Nel tuo cammino
spirituale, che poi si è concretizzato nella scelta monastica all’interno della
chiesa cattolica, curiosamente ti sei avvicinato prima alla Bhagavad Gita e poi al Vangelo.
Thomas: Sono arrivato a
diciotto anni che avevo già letto più volte la Bhagavad Gita, mentre non avevo letto nessuno dei Vangeli per
intero. Avevo letto le Upanishad, ma
non le lettere di san Paolo. Avevo una conoscenza del Canone buddhista maggiore
della Bibbia. Ero forse un induista?
Anna: Semplicemente un uomo
alla ricerca della verità.
Thomas: Uno alla ricerca, va
bene. Spesso ripenso al mio cammino prima di diventare cattolico e mi rendo
conto di essere stato molto vicino all’induismo. Vivendo a Shantivanam con i
miei fratelli indiani, tutti di famiglie cattoliche, mi meraviglio del
paradosso di essere una specie di “ex indù”. Ora, quando medito sulla Bibbia
accanto alla Bhagavad Gita o ad altri
testi delle grandi religioni, cerco di rispettare le loro differenze e di non
sovrapporre i rispettivi concetti, idee, immagini e simboli. Sono consapevole
che, almeno per me, Dio si è rivelato nei testi sacri dell’India. La questione
principale è quale concezione si ha della rivelazione. Secondo il mio punto di
vista, “rivelazione” è un termine analogico, come lo è “ispirazione”. Si dice
che la Bibbia è ispirata, è un’espressione analogica. Ora, quando si tratta di
analogia si tratta di somiglianze e di differenze. Non posso negare a priori
una vera e propria rivelazione al di fuori del mondo biblico, nemmeno in
termini di una teologia molto tradizionale e impeccabilmente ortodossa.
Anna: E nemmeno puoi negare
che ci siano state delle contaminazioni, perché contatti tra i vari popoli sono
più che verosimili.
Thomas: I contatti ci sono
stati, ma prescindendo da essi, devo ammettere la possibilità di una divina
rivelazione fuori dal cristianesimo, sia pure incompleta e provvisoria.
Anna: Per quale motivo deve
essere incompleta e provvisoria? Per quale motivo Dio deve aver rivelato
qualcosa ad altri popoli in altre latitudini che non sia verità?
Thomas: In certo qual senso,
ogni rivelazione deve dirsi incompleta, in quanto Dio rimane un mistero
incomprensibile. Ma qui lo dico per limitare l’ipotesi; voglio affermare la
possibilità generale di una rivelazione divina trasmessa da testi che non fanno
parte del canone biblico. La Bibbia è un canone, una regola che la Chiesa ha
fatto per se stessa, per mantenere dei contorni precisi nella sua predicazione
e nel suo magistero. Non credo che il concetto “canone” si debba identificare
con quello di “libro ispirato”. Mettiamo che un libro ispirato degli ebrei sia
andato disperso, oppure che i primi cristiani abbiano perso qualche lettera di
san Paolo. Tutte le lettere di Paolo sono ispirate da Dio, ma non le abbiamo
tutte, perché così ha permesso la provvidenza divina. In modo analogo, il
cristiano può riconoscere una certa ispirazione divina in un libro, come la Bhagavad Gita, che non fa parte del
canone. Non vedo perché si debba escludere questa ipotesi.
Anna: Tu partecipi spesso a
incontri interreligiosi. In quelle occasioni si tende a sottolineare ciò che
unisce piuttosto ciò che divide. Qualche sostanziale differenza deve pur
esserci? È forse la figura centrale del Cristo?
Thomas: Sì. La differenza non
è un concetto ma una persona sperimentata con fede, desiderata con speranza, e
soprattutto amata. I cristiani sono coloro la cui vita interiore di fede,
speranza e amore si rapporta a Cristo, non solo per quanto ha detto e fatto, ma
per quello che è.
Anna: Credo che i tempi siano
maturi per un vero dialogo interreligioso. Una parte del mondo vive nella
violenza, nella lotta, nella sopraffazione, nella guerra. I capi di tutte le
religioni devono poter pregare insieme. Se ci sono tanti fiumi c’è un unico
mare verso il quale tutti tendono. Ricordo con commozione l’incontro ad Assisi
tra papa Giovanni Paolo II e i capi spirituali delle altre religioni. È stato
bello vedere il Dalai Lama accanto al papa, gli indiani d’America pregare con
un indù, un ebreo con un mussulmano. Pregare in nome della pace. Uno degli
eventi più emozionanti, di grande apertura di Papa Wojtyla, oggi santo.
L’incontro di Assisi non dovrebbe rimanere un’eccezione. Per abolire le
differenze, gli odi, i fondamentalismi, gli integralismi dobbiamo far crescere
l’amore.
Thomas: Ci sono dei tentativi
anche da parte cattolica di parlare dell’amore universale e di praticarlo.
Madre Teresa, se vuoi. Giovanni Paolo II ha più volte condannato il fanatismo,
il fondamentalismo, il proselitismo e le discriminazioni contro qualunque
religione. Ha detto queste cose in pubblico, rivolgendosi anche ai fedeli
cattolici. Se c’è qualche individuo o gruppo che non è d’accordo, non
rappresenta più la Chiesa; ormai fa parte della dottrina cattolica la relazione
pacifica con ogni altra religione.
Anna: Sempre però da una
posizione dominante, di superiorità, per dire: “Noi siamo gli eletti”.
Thomas: Quando la Chiesa non è
che l’uno o il due per cento di una popolazione, come in India, non può
pretendere alcuna “superiorità” o potere. La Chiesa professa la verità della
sua fede, ma non cerca di minare una società a maggioranza islamica o induista.
Non dice che la gente deve smettere di credere nella propria religione né
promuove progetti destabilizzanti. Chiede trattamenti giusti da parte degli
Stati dove i cristiani sono in minoranza. Li chiede per se stessa e per i
credenti di altre fedi. Il più grande sostenitore del Dalai Lama, di fronte
alla coscienza del mondo, è stato Giovanni Paolo II. Tutti i governi del mondo,
dall’America alla Nuova Zelanda, fingono di ignorare il genocidio del popolo
tibetano e della loro cultura, mentre il Dalai Lama è una voce che parla di
pace e di compassione. Con le sue parole cerca di far prendere coscienza
all’umanità della tragedia del suo popolo, senza colpevolizzare il popolo
cinese.
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