giovedì 4 ottobre 2018

Il dialogo interreligioso


Il dialogo interreligioso

Anna: Nel tuo cammino spirituale, che poi si è concretizzato nella scelta monastica all’interno della chiesa cattolica, curiosamente ti sei avvicinato prima alla Bhagavad Gita e poi al Vangelo.

Thomas: Sono arrivato a diciotto anni che avevo già letto più volte la Bhagavad Gita, mentre non avevo letto nessuno dei Vangeli per intero. Avevo letto le Upanishad, ma non le lettere di san Paolo. Avevo una conoscenza del Canone buddhista maggiore della Bibbia. Ero forse un induista?

Anna: Semplicemente un uomo alla ricerca della verità.

Thomas: Uno alla ricerca, va bene. Spesso ripenso al mio cammino prima di diventare cattolico e mi rendo conto di essere stato molto vicino all’induismo. Vivendo a Shantivanam con i miei fratelli indiani, tutti di famiglie cattoliche, mi meraviglio del paradosso di essere una specie di “ex indù”. Ora, quando medito sulla Bibbia accanto alla Bhagavad Gita o ad altri testi delle grandi religioni, cerco di rispettare le loro differenze e di non sovrapporre i rispettivi concetti, idee, immagini e simboli. Sono consapevole che, almeno per me, Dio si è rivelato nei testi sacri dell’India. La questione principale è quale concezione si ha della rivelazione. Secondo il mio punto di vista, “rivelazione” è un termine analogico, come lo è “ispirazione”. Si dice che la Bibbia è ispirata, è un’espressione analogica. Ora, quando si tratta di analogia si tratta di somiglianze e di differenze. Non posso negare a priori una vera e propria rivelazione al di fuori del mondo biblico, nemmeno in termini di una teologia molto tradizionale e impeccabilmente ortodossa.

Anna: E nemmeno puoi negare che ci siano state delle contaminazioni, perché contatti tra i vari popoli sono più che verosimili.

Thomas: I contatti ci sono stati, ma prescindendo da essi, devo ammettere la possibilità di una divina rivelazione fuori dal cristianesimo, sia pure incompleta e provvisoria.

Anna: Per quale motivo deve essere incompleta e provvisoria? Per quale motivo Dio deve aver rivelato qualcosa ad altri popoli in altre latitudini che non sia verità?

Thomas: In certo qual senso, ogni rivelazione deve dirsi incompleta, in quanto Dio rimane un mistero incomprensibile. Ma qui lo dico per limitare l’ipotesi; voglio affermare la possibilità generale di una rivelazione divina trasmessa da testi che non fanno parte del canone biblico. La Bibbia è un canone, una regola che la Chiesa ha fatto per se stessa, per mantenere dei contorni precisi nella sua predicazione e nel suo magistero. Non credo che il concetto “canone” si debba identificare con quello di “libro ispirato”. Mettiamo che un libro ispirato degli ebrei sia andato disperso, oppure che i primi cristiani abbiano perso qualche lettera di san Paolo. Tutte le lettere di Paolo sono ispirate da Dio, ma non le abbiamo tutte, perché così ha permesso la provvidenza divina. In modo analogo, il cristiano può riconoscere una certa ispirazione divina in un libro, come la Bhagavad Gita, che non fa parte del canone. Non vedo perché si debba escludere questa ipotesi.

Anna: Tu partecipi spesso a incontri interreligiosi. In quelle occasioni si tende a sottolineare ciò che unisce piuttosto ciò che divide. Qualche sostanziale differenza deve pur esserci? È forse la figura centrale del Cristo?

Thomas: Sì. La differenza non è un concetto ma una persona sperimentata con fede, desiderata con speranza, e soprattutto amata. I cristiani sono coloro la cui vita interiore di fede, speranza e amore si rapporta a Cristo, non solo per quanto ha detto e fatto, ma per quello che è.

Anna: Credo che i tempi siano maturi per un vero dialogo interreligioso. Una parte del mondo vive nella violenza, nella lotta, nella sopraffazione, nella guerra. I capi di tutte le religioni devono poter pregare insieme. Se ci sono tanti fiumi c’è un unico mare verso il quale tutti tendono. Ricordo con commozione l’incontro ad Assisi tra papa Giovanni Paolo II e i capi spirituali delle altre religioni. È stato bello vedere il Dalai Lama accanto al papa, gli indiani d’America pregare con un indù, un ebreo con un mussulmano. Pregare in nome della pace. Uno degli eventi più emozionanti, di grande apertura di Papa Wojtyla, oggi santo. L’incontro di Assisi non dovrebbe rimanere un’eccezione. Per abolire le differenze, gli odi, i fondamentalismi, gli integralismi dobbiamo far crescere l’amore.

Thomas: Ci sono dei tentativi anche da parte cattolica di parlare dell’amore universale e di praticarlo. Madre Teresa, se vuoi. Giovanni Paolo II ha più volte condannato il fanatismo, il fondamentalismo, il proselitismo e le discriminazioni contro qualunque religione. Ha detto queste cose in pubblico, rivolgendosi anche ai fedeli cattolici. Se c’è qualche individuo o gruppo che non è d’accordo, non rappresenta più la Chiesa; ormai fa parte della dottrina cattolica la relazione pacifica con ogni altra religione.

Anna: Sempre però da una posizione dominante, di superiorità, per dire: “Noi siamo gli eletti”.

Thomas: Quando la Chiesa non è che l’uno o il due per cento di una popolazione, come in India, non può pretendere alcuna “superiorità” o potere. La Chiesa professa la verità della sua fede, ma non cerca di minare una società a maggioranza islamica o induista. Non dice che la gente deve smettere di credere nella propria religione né promuove progetti destabilizzanti. Chiede trattamenti giusti da parte degli Stati dove i cristiani sono in minoranza. Li chiede per se stessa e per i credenti di altre fedi. Il più grande sostenitore del Dalai Lama, di fronte alla coscienza del mondo, è stato Giovanni Paolo II. Tutti i governi del mondo, dall’America alla Nuova Zelanda, fingono di ignorare il genocidio del popolo tibetano e della loro cultura, mentre il Dalai Lama è una voce che parla di pace e di compassione. Con le sue parole cerca di far prendere coscienza all’umanità della tragedia del suo popolo, senza colpevolizzare il popolo cinese.

Anna: I tibetani si oppongono al regime comunista e quindi papa Giovanni Paolo II ha avuto buon gioco a difendere il Dalai Lama, un uomo che anch’io ammiro molto. Nel mio ultimo viaggio a Dharamsala ho visitato il museo tibetano. Fotografie, video, testimonianze drammatiche sulla crudele e continua opera di cinesizzazione del Tibet. Uno sterminio lento di un popolo e di una cultura. Eppure il Buddha è una delle figure più belle della storia dell’umanità. L’Illuminato predica unicamente amore e tolleranza; afferma che si può amare soltanto se si comprende, perché non ci può essere amore senza comprensione, perché è dalla comprensione che scaturiscono la compassione e l’accettazione dell’altro, la giusta azione. È la comprensione la chiave per la nostra liberazione dal ciclo di nascite e morte.         

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