Yoga
e Cristianesimo
Anna: Ho conosciuto molti anni
fa padre Mariano Ballester, un gesuita spagnolo che da più di vent’anni conduce
esercizi spirituali aperti a laici e religiosi. Insegna alcune tecniche per entrare
in contatto con il Sé, il centro divino che è in noi. Tecniche che hanno molti
punti in comune con lo yoga e lo zen. Padre Mariano Ballester è una figura
molto bella all’interno della Chiesa, eppure sembra quasi che agisca nella
clandestinità. Un’avanguardia di quella che sarà, a mio avviso, la Chiesa del
futuro.
Thomas: Conosco Padre
Ballester e lo stimo molto. Quanto al documento sulla meditazione cristiana
della Congregazione per la Dottrina della Fede, allora presieduta dal cardinale
Ratzinger il documento, stando alla lettera, non proibisce la meditazione e
neppure lo yoga ma è stato letto proprio in quel senso, a danno della vita
spirituale delle persone e del dialogo con i buddhisti in modo speciale. Alla
fine i danni sono stati rimediati.
Anna: Allora, che cosa diceva
esattamente quel documento?
Thomas: Diceva fra l’altro:
“Chi medita deve fare attenzione a certi pericoli e illusioni in cui possono
incorrere le menti meno esperte”. Giusta la messa in guardia; la trovi non
soltanto negli scrittori cristiani ma anche in quelli buddhisti e induisti.
Sono cautele necessarie per evitare le illusioni nel cammino interiore.
Anna: Tu mediti da
quarant’anni. Pratichi il Kriya Yoga, una tecnica millenaria portata in
occidente da Paramahansa Yogananda. Quando hai letto quel documento che cosa
hai provato?
Thomas: Anzitutto ho costatato
che non è una buona presentazione della meditazione cristiana. Tale impressione
è stata confermata da un collega, già professore a sant’Anselmo e ora abate
della Confederazione benedettina. Disse: “Se un mio studente me l’avesse
presentata come tesina, l’avrei bocciato”. Bede Griffiths, nostro monaco che
fino alla sua morte animava l’Ashram di Shantivanam, criticò il documento, non
per quanto diceva sullo yoga — che evidenziava soltanto l’ignoranza di chi
l’aveva scritto — ma perché non era all’altezza né dei mistici cattolici né dei
maestri contemporanei di meditazione, come John Main, benedettino anche lui.
Anna: Tu pratichi da anni sia
la meditazione cristiana sia il Kriya Yoga. Come le hai integrate?
Thomas: Credo di averle
integrate, ma non è facile dire come. Sono differenti, ma è difficile precisare
in che modo. La differenza fra la preghiera cristiana e la preghiera induista è
evidente, mentre la meditazione è sempre qualcosa d’intimo, che coinvolge in
modo globale la persona che la pratica. Meditare è un atto umano, radicato
nella nostra natura, sia che si tratti di meditazione cristiana, di meditazione
buddhista o di yoga.
Anna: La meditazione, come
atto di raccoglimento interiore per mettersi in sintonia con Dio, non ha nulla
a che vedere con le religioni e con le differenze tra le varie religioni. È la
voce dell’anima umana che si spinge in alto, alla ricerca di Dio e di una sua
risposta. L’unica diversità forse è nelle tecniche utilizzate che possono
essere differenti.
Thomas: In parte la differenza sta nella tecnica, che non è la
meditazione, come la tecnica musicale non è la musica. Un pianista non suona né
solamente né primariamente con la tecnica. Di solito esegue la musica a
memoria, senza il pensiero riflesso. L’intelligenza non si occupa del
coordinamento delle dita, anche perché si suona il pianoforte con tutto il
corpo, non solo con le dita. Tutta la persona fa la musica, secondo una sua
dote indefinibile che si chiama “musicalità”, da non identificare assolutamente
con la bravura tecnica.
L’analogia fra musica e yoga è importante;
lo yoga, infatti, è “l’arte del meditare” secondo regole ben precise. Si è
sviluppata in Oriente, con tanta raffinatezza, con tanta ricchezza di dettagli,
ma quest’arte è un dono per l’umanità. La questione del cristiano è semplice,
se lo yoga è in armonia con la natura umana, è assolutamente di casa nel
cristianesimo; se è qualcosa che diminuisce la nostra umanità, ci mortifica o
ci disumanizza, allora non va bene né per il cristiano né per nessun altro. È
del tutto naturale che io da cristiano pratichi la meditazione yoga, com’è
naturale che un gesuita diventi un maestro zen — penso al Padre Hugo
Enomiya–Lasalle, scomparso da molti anni. Lo yoga è un’arte come la musica.
Zubin Mehta, zoroastriano dell’India, è diventato un grande interprete delle
sinfonie di Beethoven, di Schubert, di Gustav Mahler. Per analogia, rivendico
la libertà del cristiano di praticare le arti orientali della meditazione.
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