11
settembre 2001
Anna: Per giorni, per
settimane ho vissuto con un peso sul cuore e una cappa grigia di piombo
sembrava aver ricoperto tutta la terra. Dove si ergevano le due torri, c’era
una luce sinistra e in quel globo luminoso vedevo fluttuare migliaia di corpi
astrali. Anime strappate brutalmente alla vita e un grido straziante di paura,
di angoscia saliva dalla polvere al cielo.
Era il mio primo giorno di lavoro dopo le
ferie. Un primo flash di agenzia, poi abbiamo acceso la CNN e siamo rimasti per
ore incollati davanti alla televisione con un senso d’impotenza, di orrore. I
kamikaze delle Twin Tower avevano spazzato via con quel gesto criminale, folle,
anche tutte le nostre certezze e ci ritrovavamo più fragili, più insicuri.
Eravamo coscienti che la nostra vita sarebbe cambiata per sempre.
Thomas: L’11 settembre 2001 ero al monastero
di Camaldoli. Con noi c’erano trenta ospiti americani, amici della nostra
comunità in California. Mi sono alzato con un forte mal di testa, un nodo allo
stomaco. Non sono riuscito a pranzare e sono andato a riposare. Ho cominciato a
sognare. C’era un uomo che stava parlando ad alta voce, come se proclamasse un
messaggio a tutta l’umanità. Non saprei dire chi fosse. Mi sono svegliato per
un attimo ma poi ho ripreso a sognare. Erano circa le quattordici e
quarantacinque, che corrispondevano alle otto e quarantacinque in America. Ho
visto cadere tre cadaveri, uno sull’altro. Mi sono svegliato di colpo e mi sono
chiesto cosa significasse quel sogno. Ho tentato di riprendere il lavoro al
computer. Alle quattro mi ha citofonato la nostra centralinista per esprimere
il suo cordoglio. Ho domandato perché e lei mi ha detto: “Ah, tu non sai quello
che è accaduto nel tuo paese. Sono crollate le due torri di New York”. Sono
corso ad accendere la televisione, ed ho visto le medesime immagini spaventose
che hai visto tu.
Anna: Se la tragedia americana
ha lasciato un segno così profondo dentro di me, posso comprendere quanta
sofferenza abbiano provocato in te e nei tuoi ospiti americani quelle immagini
atroci di morte e di devastazione. La comunità religiosa e la preghiera ti
avranno certamente aiutato a superare lo shock.
Thomas: Accanto a me mentre guardavo la
televisione c’era qualche altro monaco, che esprimeva la sua partecipazione al
mio dolore, al mio pianto. Più tardi ho incontrato i nostri ospiti americani,
tutti già sapevano, ed erano inorriditi. Quella sera toccava a me presiedere la
celebrazione eucaristica della comunità; puoi immaginare le emozioni — è stata
anche molto bella. Ho parlato un po’ in italiano, un po’ in inglese. Dopo la
consacrazione ho chiesto agli ospiti italiani presenti alla messa di restare in
ascolto mentre noi americani abbiamo cantato il Padrenostro — ma è sembrato
come se lo cantassero tutti. Dopo la preghiera ci siamo scambiati l’abbraccio
della pace. Abbiamo condiviso un momento di grande dolore, di grande
smarrimento, ma anche di profonda speranza nella fede — la speranza contro ogni
speranza. La speranza è più grande della fede; anche quando non si riesce a
credere, si può ancora sperare. Si spera che alla fine l’amore vinca, e si vive
la speranza con un’inquietudine che non trova riposo se non in Dio, nell’assoluto
Mistero che non spiega nulla ma può dare un senso anche alle cose più assurde.
Anna: Noi occidentali abbiamo
vissuto in questi ultimi decenni un periodo di relativo benessere, dominati dal
consumismo e dall’egoismo. Abbiamo dimenticato i poveri della terra, le
ingiustizie e le tante piccole atroci guerre sparse sul nostro pianeta. Forse
una maggiore solidarietà e un profondo scambio culturale possono eliminare le
radici della rabbia, della disperazione, che alimentano anche il terrorismo. Voglio
chiederti: Quell’undici settembre, alle ore otto e quarantacinque, dove volgeva
lo sguardo Dio?
Thomas: Dio guardava attraverso i miei occhi,
attraverso gli occhi di chi era davanti alla tv insieme con me, e attraverso
tutti gli occhi. Dio guardava inorridito e spaventato attraverso gli occhi di
chi stava al centesimo piano della torre e vedeva l’aereo puntare verso il
grattacielo. Guardava attraverso gli occhi di quel cineamatore che stava
riprendendo l’amico in una piazza di Manhattan e ha girato d’istinto la
cinepresa catturando l’istante dell’impatto dell’aereo. Dio guardava attraverso
gli occhi di tutto il mondo, attraverso gli occhi di tutti coloro che stavano
inchiodati davanti agli schermi televisivi pieni di quelle tremende immagini.
Anna: E Dio guardava anche
attraverso gli occhi di Bin Laden, che sicuramente gioiva per quanto stava
accadendo negli Stati Uniti?
Thomas: Questo è difficile dirlo, perché sono
occhi terribilmente vuoti. Eppure, aveva begli occhi! A dire il vero, Osama Bin
Laden era un bell’uomo. Il suo sguardo ingannava; era severo ma aveva qualcosa
di dolce. L’espressione sul volto era inquietante perché mostrava un mezzo
sorriso — non c’erano le zanne del demonio nella sua bocca. Infatti, non posso
demonizzarlo, perché so che egli conservava la sua natura d’uomo, con la
propria fisionomia corporea ma anche spirituale, come anima creata all’immagine
di Dio. Il suo sguardo apparentemente dolce e l’aspetto da uomo perbene
nascondevano l’odio che esprimeva con le sue parole e con le sue azioni.
Anna: I video ci hanno
mostrano Bin Laden vestito con una giacca mimetica americana e un orologio
occidentale. Aveva mani delicate con lunghe dita sottili. Il suo volto, in
effetti, sarebbe potuto apparire ascetico, con un sorriso mite. Quello che per
me rivelava il suo carattere era lo sguardo duro, inquietante, determinato. Era
un miliardario che aveva vissuto per anni in occidente, poi il desiderio di
potere, l’ambizione di diventare il capo carismatico di tutti i mussulmani lo
avevano trasformato in un pericoloso fondamentalista.
Thomas: Parliamo di Bin Laden come appariva
sul video e com’è stato descritto sui giornali. Non sappiamo se sono stati il
desiderio di potere e l’ambizione a fargli abbracciare il fondamentalismo. Ci
sono tanti mussulmani, anche di tendenze fondamentalistiche, che non sono per
nulla terroristi.
Anna: Tra i bagagli di
Mohammed Atta, considerato il capo degli attentatori delle Twin Towers, c’era
una delirante lettera di cinque pagine. Egli parla continuamente di Dio e termina
il suo scritto con queste parole: ”Non c’è altro Dio che Dio. Non c’è nessun
Dio che sia il Dio del trono più alto, non c’è altro Dio che Dio, il Dio della
terra e del cielo. Non c’è altro Dio che Dio e io sono un peccatore. Siamo di
Dio e a Dio torniamo”. Come si può compiere un gesto così orrendo, che ha
provocato la morte di migliaia di persone, in nome di Dio?
Thomas: Con il suo gesto non c’entra il nome
di Dio perché Dio è il Dio della vita, non vuole la morte di nessuno, né del
peccatore né del bambino innocente. Ha detto di uccidere in nome di Dio, non
sono che parole. Anche il diavolo nel Vangelo cita la Bibbia correttamente
davanti a Gesù che sta tentando.
Anna: Mohammed Atta all’inizio
della sua lettera scrive: “Nel nome di Dio, il più misericordioso, il più
compassionevole. Nel nome di Dio, di me stesso e della mia famiglia. Ti prego,
Dio perdona tutti i miei peccati e concedimi di glorificarti in ogni modo
possibile. Ricorda la battaglia del profeta contro gli infedeli, quando cominciò
a costruire lo stato islamico”. E’ proprio alla vita di Maometto — che è stato
anche un grande guerriero, e come ogni condottiero dietro di sé ha lasciato
migliaia di morti — che sembrano ispirarsi i terroristi nella loro guerra
“santa” contro l’occidente.
Thomas: Le loro citazioni verbali del Corano,
i loro riferimenti al Profeta, non sono che bestemmie! Direi che anche le
prediche cristiane di questo genere sono blasfeme, ogni volta che è stato
predicato il dovere di combattere e di uccidere in nome della cristianità,
della vera chiesa, Dio è stato bestemmiato.
Anna: Gesù, il Bhuddha, queste
due grandi figure mistiche che amiamo entrambi, non hanno mai predicato la
violenza, sono stati nella loro vita coerenti con quanto dicevano. Hanno
insegnato agli uomini del loro tempo il valore dell’amore, della fratellanza,
della compassione, del rispetto, della tolleranza, mentre ritroviamo nella
biografia di Maometto un periodo storico nel quale lui vive combattendo,
conquistando città, razziando, uccidendo.
Thomas: Sono racconti leggendari che vanno
collocati nel loro contesto storico. Di eventi storici si deve fare una lettura
storica, senza la sovrapposizione di presupposti teologici. Non ha alcun
significato teologico la battaglia del profeta Maometto contro gli infedeli; ha
valore teologico la sua profezia di fede in Dio che è Uno ed è il
misericordioso e il compassionevole. Questi due attributi divini sono le prime
e le ultime parole del Corano, il libro rivelato dei mussulmani, e danno il
senso ad ogni suo capitolo. La funzione di Maometto nel contesto dell’Islam non
è paragonabile al significato di Gesù nel contesto del cristianesimo. Gesù,
Figlio di Dio, incarna l’amore del Padre e salva il mondo con la sua morte in
croce. Quanto al Buddha, i buddhisti lo vedono non come figlio di Dio ma come
modello di perfezione umana.
Anna:
Ovviamente tu stai parlando da cattolico, anzi da monaco che vede in Gesù
l’unica possibilità di salvezza per gli essere umani.
Thomas: In verità il cattolico deve dire che
tutti siamo figli di Dio nel Figlio Gesù. Ma parlando dell’Islam o del
Buddhismo, cerchiamo di immedesimarci con le convinzioni religiose delle
persone che venerano rispettivamente Maometto il Profeta e Gautama il Buddha.
Non ci è lecito pronunciarci teologicamente sul Buddha o su Maometto. Possiamo
dire soltanto che sono uomini creati nell’immagine e somiglianza di Dio. La
funzione del Buddha all’interno del buddhismo è il richiamo costante alla
potenzialità di perfezione che è insita in ogni persona umana e che si
raggiunge attraverso una vita retta, la meditazione e lo spegnimento della sete
egoistica che causa dolore a noi stessi e agli altri esseri. Tutti possiamo
raggiungere quell’armonia e quella perfetta compostezza che vediamo
nell’immagine del Buddha. È un richiamo a noi stessi, un richiamo alla nostra
potenzialità, alla nostra interiorità. Lo è anche Gesù, ma in un altro modo.
Maometto, invece, è un uomo che è stato chiamato a pronunciare delle parole di
Dio per la voce di un angelo, l’arcangelo Gabriele, lo stesso che parlò a
Maria. La leggenda di Maometto racconta che quando l’arcangelo gli è apparso,
la prima parola che gli ha detto in nome di Dio era: “Recita, annunzia”.
Quest’annunzio è l’opera che Dio ha voluto assegnare a Maometto. Evidentemente
sto cercando di immedesimarmi con quanto i miei fratelli e sorelle di fede
islamica credono, sebbene la mia fede sia diversa dalla loro.
Anna: Hai studiato la storia
delle religioni, lavori molto per il dialogo interreligioso tra le varie fedi.
Non ti è mai capitato di confrontarti con un Imam?
Thomas: In varie occasioni ho incontrato
degli Imam e altri mussulmani autorevoli, ma le mie nozioni dell’Islam le ho
avute dai manuali e dalla lettura del Corano, soprattutto nella traduzione
italiana di Alessandro Bausani, le cui note rimangono ancora valide.
Anna. I fondamentalisti
giustificano le loro azioni violente parlando di guerra santa, la guerra contro
gli infedeli, come facevano un tempo i crociati.
Thomas: Il Corano parla raramente di Jihad, che non significa guerra, bensì
“sforzo”. È’ anzitutto la lotta che affrontiamo costantemente dentro di noi per
vivere secondo la giustizia e la rettitudine.
Anna: L’eterna lotta tra il
bene e il male.
Thomas: È una lotta interiore per vivere
secondo coscienza, secondo la voce di Dio che possiamo sentire dentro di noi
oppure dall’esterno attraverso la lettura di un libro santo. Si tratta quindi
dello sforzo di ascoltare, di fare attenzione alla verità e a noi stessi. Fare
il bene è sempre in qualche modo una lotta anche se la nostra natura è
naturalmente portata al bene anziché al male. Infatti, a causa del male che si
fa intorno a me e a causa del male che io stesso faccio, sono tirato nel senso
opposto, questo fa nascere in me una lotta che può anche proiettarsi fuori di
me. Quando altri cercano di tirarmi dalla parte sbagliata io devo resistere.
Quando uno mi dice che posso fare qualcosa perché tutti lo fanno, allora devo
fare attenzione, e forse dovrò anche lottare, sarà una lotta non violenta,
perché la non-violenza è la regola della mia vita, su questo non transigo, ma è
lotta anche il dire di no, il dire: “Tutti lo faranno ma io non lo farò”.
Anna: Come si combatte allora il male?
Thomas: Si parte da se stessi, seguendo il
richiamo al bene della propria coscienza. Poi si combatte il male attraverso le
relazioni interpersonali, facendo del bene anche a chi ci fa il male.
Anna: Porgere l’altra guancia,
ma questa può essere soltanto una scelta individuale. Quando è una nazione
intera a essere minacciata, quando sono in pericolo la libertà e la convivenza
civile, si deve assistere impotenti? Tu, ovviamente, sei stato contrario alla
decisione che prese l’allora presidente Bush di bombardare l’Afghanistan e
l’Iraq. E come americano avrai giudicato inaccettabili le guerre di Bush, padre
e figlio, contro talebani, Saddam Hussein e Bin Laden.
Thomas: Come americano e come pacifista
giudico immorali e illegittimi i mezzi che l’amministrazione Bush ha usato. Il
paradosso è che alcuni militari allora dicevano “Non fatelo, se lo farete non
sperate di vincere. Non avrà un esito risolutivo, non sarà possibile
sconfiggere il terrorismo bombardando paesi come l’Iraq e l’Afganistan”.
Anna: Ho letto il libro di Gore Vidal “L’età
dell’oro” sulla storia americana prima e dopo la seconda guerra mondiale, una
ricostruzione puntigliosa e documentata. Il destino dell’umanità è in mano a
poche persone, spregiudicate, a volte incapaci del loro ruolo, e per i loro
intrighi mettono a repentaglio la vita
di milioni di esseri umani. In fondo, è
tutto un maledetto gioco di potere. E la storia si ripete.
Thomas: Sì, ma la storia non è fatta
unicamente da uomini di potere. Anche un Gandhi ha fatto storia, e moltissimi
uomini e donne che sono stati ispirati da lui, da Tolstoj a Martin Luther King.
Anna: Forse il dialogo e un profondo scambio
culturale potrebbero eliminare le radici della rabbia, della disperazione che
sono alla base del terrorismo. Nei giorni successivi alla tragedia dell’11
settembre centinaia di musulmani, forse migliaia, scesero in piazza per
manifestare esultanza per la tragedia che aveva colpito gli Stati Uniti
d’America. Certo, una netta minoranza rispetto ai milioni di persone di fede
islamica.
Thomas: L’opinione pubblica cambia
rapidamente in oriente come in occidente. Un giorno, forse non molto lontano,
americani e musulmani scenderanno in piazza a dimostrare contro le azioni
militari dei rispettivi governi. Il dialogo tra le persone di fede si deve
praticare anche in tempo di guerra, perché le guerre cesseranno, ma il dialogo
rimarrà.
Anna: "Il terrorismo sta cambiando
volto, oggi gli esperti lo definiscono "molecolare", poche persone
"dormienti" che si attivano come kamikaze. I fatti di Parigi, Madrid, Londra, Bruxelles,
Germania, Nizza, per citare soltanto gli ultimi
attentati terroristici avvenuti in Europa, dimostrano quanta crudeltà ci
sia in questi uomini, che agiscono in nome di Dio, colpendo persone innocenti,
per lo più ragazzi, che assistono a un concerto o siedono in un ristorante, o
passeggiano per strada. La differenza
con venticinque anni fa è che oggi esiste un sedicente stato islamico, Daesh,
che ha preso possesso di parte del territorio della Siria e dell'Iraq. Per fare
proseliti utilizzano le moderne tecnologie e per terrorizzare gli occidentali
mettono in rete video dove mostrano torture e sevizie. L’intervento militare
della coalizione occidentale, con l’intento di distruggere l’Isis, non ha
ottenuto i successi sperati, anzi ha moltiplicato l’odio nei nostri confronti.
Sono aumentati i paesi coinvolti e assistiamo impotenti al massacro di
un’intera popolazione, quella siriana."
Thomas: Sono semplicemente contrario ad ogni
intervento armato. La "nostra civilità" non è forse corrotta? Non è
colpevole delle reazioni delle popolazioni musulmane? L'unica risposta è pregare
insieme (o ciascuno nel proprio tempio) al Dio misericordioso e
compassionevole, perché diventiamo sempre più simili a Lui.
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