Fedeltà
e matrimonio
Anna: Mi hai parlato della
fedeltà di tuo padre al suo unico amore, tua madre. Anche se lui aveva avuto un
primo matrimonio con una ragazza che non amava ma che aveva sposato e poi lasciato,
dopo sette anni dalla nascita di una figlia.
Thomas: I miei genitori sono
stati fedelissimi l’uno all’altra. Il loro è stato un divorzio anomalo; era
difficile per loro stare lontani, anche dopo la separazione. Per ottenere il
divorzio, secondo la legge californiana, dovevano vivere separati per dodici
mesi. Era il 1955, avevo quindici anni, ricordo che mio padre dormiva in
macchina, perché la legge non gli permetteva di dormire sotto lo stesso tetto
con mia madre, neppure sul divano del salotto. Avevano deciso così, perché lui
la amava e lei voleva essergli amica. Mio padre non sapeva dove andare, era
distrutto in parte dall’alcool, in parte dal fallimento del loro matrimonio.
Era diventato povero, ma non è mai stato un barbone. In fin dei conti era sempre
discendente della nobiltà polacca, aveva il senso della propria dignità, una
vera e propria fierezza, e il mito della famiglia lo sosteneva. La storia della
mia bisnonna principessa può essere una pura fantasia; me la raccontavano le
mie zie. Pare comunque verosimile, perché corrisponde alla storia polacca della
fine dell’Ottocento.
Mio padre riuscì a trovare lavoro presso una
ditta di sviluppo di pellicole fotografiche, poiché era conosciuto
nell’industria cinematografica per via del successo strepitoso del suo negozio
a Hollywood. Dopo dieci anni si ricordavano ancora di lui. “Ah, Matus! Dove sei
andato, perché hai chiuso il negozio?” Aveva chiuso per seguire mia madre in
Arizona. Lei era malata di tubercolosi e aveva bisogno dell’aria del deserto.
Anna: Commovente e drammatica
la storia dei tuoi genitori. Anch’io sono vissuta nel mito della famiglia
unita, ma quando mi sono sposata ero troppo giovane e inesperta e dopo pochi
anni di matrimonio mi sono separata, nonostante la nascita di un bambino.
L’incontro del destino, quello che si definisce amore con l’A maiuscola, è avvenuto più tardi, a
trentatré anni. Era un rapporto che sembrava avere le carte in regola per
durare tutta una vita. Io avevo fame di amore e di sicurezza, lui di libertà e
di esperienze; le nostre esigenze primarie non coincidevano così, dopo sei anni
di addii e ritorni, ci siamo lasciati. È stato come se qualcuno mi avesse
strappato il cuore, tanto il dolore era intenso e lacerante. La sua immagine mi
camminava accanto in ogni istante della vita. Ci sono voluti tre anni perché la
sua presenza si affievolisse, poi con il tempo è scomparsa totalmente. Sono
passati moltissimi anni da allora, ma il mio cuore è rimasto sordo ad ogni
richiamo.
Vorrei farti una domanda, anche se so che è
rivolta a un monaco e quindi è mal posta. Perché per gli esseri umani, e
soprattutto per gli uomini, è cosi difficile amare e continuare ad amare la
stessa persona? Anche se le donne oggi sono molto irrequiete, hanno un
atteggiamento molto libero, e in parte hanno mutuato dagli uomini
l’aggressività e un malinteso senso di libertà. Spesso ci s’incontra quando si
è troppo giovani, oppure con il passare degli anni si cresce in direzioni
opposte e le strade inevitabilmente si dividono. In questi casi perché si
continua a sostenere l’indissolubilità del matrimonio? Bisogna continuare ad
andare avanti, comunque, anche se ci si ritrova estranei dopo dieci anni? Tu
non hai esperienze personali ma hai vissuto quella dei tuoi genitori.
Thomas: Il loro caso è singolare,
un divorzio che non fu un vero divorzio, alla fine di un matrimonio che non fu
un vero matrimonio secondo la Chiesa cattolica, poiché i miei genitori si erano
sposati nella chiesa battista. La Chiesa si è interessata al caso dei miei
genitori quando mia madre decise di farsi cattolica, e il sacerdote le chiese
se era sposata, di che religione era il marito, con quale rito si erano uniti.
Alla fine ottenne la nullità del matrimonio dalla diocesi di Honolulu nelle
Hawaii dove abitava all’epoca. Mia madre non volle ritirare la lettera del
vescovo che le riconosceva la piena libertà di risposarsi.
Anna: Il matrimonio rimane pur
sempre una cosa importante. Stare insieme è difficile, ma scegliere il proprio
partner senza sbagliare è un’impresa quasi impossibile.
Thomas: Abbiamo l’esempio
dell’India, dove i matrimoni sono combinati dalle famiglie e pare funzionino.
Anna: Forse funzionano, non
tanto per la lungimiranza dei genitori, che conoscono la personalità dei figli,
quanto per l’educazione, la cultura, che impone di amare il proprio marito, la
propria moglie, senza discutere. E nel passato c’era l’usanza terribile di
costringere la vedova a salire sulla pira del marito per morire con lui. Usanza
quasi totalmente scomparsa.
Thomas: Oggi sono casi rarissimi,
notizie da prima pagina. Il suicidio della vedova è contrario alle leggi dello
Stato indiano. Accade soltanto in piccoli e sperduti villaggi nel cuore
dell’India. Non c’è un sistema infallibile per fare buoni matrimoni. Quando il
matrimonio non è buono, quando non è santo, allora non è matrimonio, non è
sacramento, è invalido. Il problema è che la Chiesa cattolica obbliga i coniugi
che chiedono l’annullamento, che vivono già situazioni impossibili, a tirar
fuori delle prove, anche molto pesanti, per dimostrare che il loro non fu mai
un matrimonio.
Anna: C’è anche la
discriminante della spesa. Chi non può pagarsi l’avvocato non avvia le lunghe e
costose pratiche dell’annullamento presso la Sacra Rota. Ora Papa Francesco ha deciso
che le pratiche dovranno essere gratuite.
Thomas: Negli Stati Uniti, i
cattolici sono perfettamente mimetizzati con l’americano medio, quindi
divorziano meno dei protestanti e più degli ebrei. Gli ebrei sono i più fedeli,
almeno quelli che hanno ancora una certa formazione religiosa. La Bibbia degli
ebrei parla molto dell’amore umano, dice cose molto belle. Il libro più bello
della Bibbia è il Cantico dei Cantici.
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