La
sfera privata della persona
Anna: Credo che tutto quello
che riguarda la sfera privata di una persona debba rimanere riservato,
circondato da rispetto e silenzio. Ho sempre trovato fuori luogo esprimere
apertamente le proprie tendenze sessuali.
Thomas: Nei giardini pubblici
si vedono coppie di fidanzati che si baciano e si scambiano tenerezze. Chi
viene in Italia dall’India, anche se è una persona aperta e non puritana, può
rimanerne turbato. Uno dei nostri monaci indiani, la prima volta che venne qua,
si lasciò sfuggire l’espressione: like
dogs, “come dei cani”, riferendosi a ciò che aveva visto passeggiando per
le strade di Roma. È un’espressione dura che manca di comprensione, però
d’altra parte è evidente che l’Occidente è ancora in fase di reazione. Sia gli
eterosessuali che gli omosessuali reagiscono alla negatività che avvolge gli
affetti intimi e perciò esagerano. Ammiro le persone che vivono con semplicità,
serenità e discrezione i propri affetti.
Anna: Sono d’accordo che la
discrezione è la virtù massima, ma due innamorati che si baciano fanno
tenerezza.
Thomas: Purché si faccia in un
certo modo, con buon gusto. Il buon gusto non è un criterio di élite, né un
criterio borghese o moralistico. Appartiene alla sostanza dei rapporti umani.
Non si può negare che gli omosessuali, anche nel mio paese, siano stati oggetto
di discriminazioni e di violenza. Per evitare l’ostentazione e le esagerazioni
del cosiddetto “orgoglio omosessuale”, gay
pride, sarebbe utile riconoscere i diritti civili di tutti.
Anna: In Italia è passata
finalmente la legge sulle unioni civili tra omosessuali, ma non quella sulle
adozioni. In alcuni casi è la magistratura che consente l’adozione del figlio
del partner nell’interesse del minore.
Quali sono i diritti civili ai quali ti riferisci? Potersi sposare e
adottare bambini?
Thomas: Questo evidentemente
no, però spesso in altri casi i diritti civili rimangono sulla carta. La
costituzione scritta bisogna confrontarla con la prassi, con la costituzione
reale; qui c’è ancora qualche passo da fare, per garantire agli omosessuali
quel rispetto dovuto a ogni essere umano. Non dovrebbe essere più un problema
trovare lavoro, arruolarsi nell’esercito, cercare casa o semplicemente muoversi
nella società senza dover cercare locali esclusivi, altrimenti si diventa una
casta, addirittura una casta d’intoccabili. Potremmo chiederci:
“L’omosessualità da dove viene: da una causa genetica, da una causa sociale o
da una causa psicologica?”.
Anna: Il problema è molto
complesso, probabilmente incidono tutte e tre.
Thomas: Penso che la
cosiddetta preferenza sessuale sia una scala mobile in tutti gli esseri umani.
C’è sempre un orientamento, ma il mondo non si divide in omosessuali ed
eterosessuali. Gli estremi sono sempre rari e siamo tutti collocati all’interno
di una vasta gamma di modi di sperimentare il senso di attrazione per le altre
persone. Comunque, sono convinto che gli omosessuali non debbano essere
considerati né come mostri né come criminali.
Anna: Non c’è dubbio che siamo
tutti eguali, a prescindere dal colore della pelle e dalle nostre preferenze
sessuali. Lasciami però sottolineare che sono un po’ stupita dalla tua apertura
mentale, visto che sei un monaco.
Thomas: Per me è un’apertura
normale, anche necessaria per un americano della California; chi abita a San
Francisco deve sensibilizzarsi in modo diverso da chi per esempio abita a
Treviso, nei riguardi degli omosessuali.
Anna: Il coming out di
monsignor Charamsa, polacco, proprio prima dell’inizio del Sinodo sulla
famiglia ha suscitato molto scalpore. Teologo e professore universitario, monsignor Charamsa è anche ufficiale della Congregazione
per la Dottrina della Fede, ex Sant’Uffizio. Durante una conferenza stampa,
davanti alle televisioni di tutto il mondo, ha presentato il suo compagno e ha
accusato la Chiesa di ”omofobia paranoica”. Un gesto di coraggio e verità. E’
stato subito sospeso da ogni incarico. Eppure Papa Francesco in più occasioni
ha mostrato misericordia. “Chi sono io per giudicare?”, ha detto una volta. E
durante la sua visita negli Stati Uniti ha incontrato in
forma privata a Washington un suo allievo argentino omosessuale con il suo
compagno. All’inizio del suo pontificato aveva denunciato l’esistenza in
Vaticano di una lobby gay e all’apertura del Sinodo ha detto: “Se non sappiamo
unire la compassione alla giustizia, finiamo per essere inutilmente severi e
profondamente ingiusti.”
Thomas: Tu fai riferimento a
due tendenze attuali: una accondiscendenza sottaciuta ai rapporti omosessuali
nell’ambito clericale e una insistenza pubblica sull’indole gravemente
disordinata di tali rapporti. Un teologo che mantenga simultaneamente le due
posizioni mi fa l’impressione di essere o ipocrita o schizofrenico. Perciò
ammiro la sincerità di monsignor Charamsa, e mi astengo da ogni giudizio su di
lui. “Non giudico,” disse Papa Francesco, perché conosce bene le tante volte
che il Nuovo Testamento dice: “Non giudicare!”. Mi pare che la Chiesa cattolica
stia imboccando una nuova strada — che pure è la strada maestra della Chiesa:
si muove all’incontro delle persone nelle loro situazioni reali, persone che si
amano, persone che trovano quella che può dare un senso alla loro vita. La
Chiesa deve pure sostenere le famiglie che abbracciano figli e figlie
omosessuali insieme con quelli che cercano di risolvere la disforia del proprio
genere biologico. Quanto al clero, ai religiosi, ai monaci ci tocca imitare il
Papa nel suo dire: “Chi sono io per giudicare?” ed anche nella sua risposta
alla domanda: “Tu, chi sei?”, dicendo con lui: “Sono un peccatore”.
Anna: Mi sembra di capire che
la Chiesa consideri l’omosessualità per i sacerdoti, purchè sia nascosta e
taciuta, un peccato minore piuttosto che la relazione con una donna. Purtroppo
poi sono emersi sempre più frequentemente, proprio negli Stati Uniti, casi di
pedofilia. Per fortuna Papa Francesco ha dato un impulso serio per combattere
questa piaga.
Thomas: C’è una vecchia storia
che ho sentito anni fa; ero da poco diventato cattolico. Un sacerdote va a
confessarsi da un frate cappuccino e rivela: “Ho peccato contro il celibato”.
“Oh, questo è molto grave, figliuolo!”, risponde il confessore, e poi chiede:
“Ma con chi l’hai fatto? Con una donna?”. “No, padre, con un ragazzo”, risponde
il sacerdote. Il confessore emette un sospiro di sollievo. “Oh, meno male!”,
dice. Meno male, perché non si corre il rischio di una gravidanza indesiderata.
Meno male, perché un ragazzino è più facilmente controllabile, basta uno
schiaffone per farlo tacere! A volte nella Chiesa trovo atteggiamenti
falsamente liberali che hanno creato situazioni di preti — non parlo di quelli
sessualmente attivi e neppure dei preti omosessuali — che cercano come partner
un ragazzo sulla soglia della pubertà, un’età di grande sofferenza.
Anna: Il peccato peggiore che
si possa commettere è proprio quello di violentare psicologicamente e
fisicamente un adolescente, sfruttando il proprio carisma, il proprio potere
sulle anime.
Thomas: Sicuramente è uno dei
peccati più gravi, ma questo un papa lo direbbe dell’aborto. Esito a dire “il
peccato più grave”, perché è più grave quella complicità, quell’omertà a difesa
del ceto clericale, che in alcune circostanze ha creato un’atmosfera, a mio
avviso, quasi favorevole all’omosessualità e alla pedofilia tra il clero.
Anna: Così tutto rimane celato
tra le mura di un convento o di una parrocchia.
Thomas: È più facilmente
controllabile o manipolabile la situazione, quando i superiori ecclesiastici
possono gestirla lontano dai fedeli laici e dal pubblico. I rapporti
omosessuali sono destinati a durare poco. Non è come l’amore tra un uomo e una
donna, che potrebbe o dovrebbe durare una vita. Nella Regola di san Benedetto
c’è riservatezza e discrezione. San Benedetto scrive la parola “castità” due
volte e lega il termine al verbo “amare”. Ci sono due riferimenti, nella
disciplina penale della Regola, che riguardano il caso di un monaco che lascia
il monastero. Se va via una volta e torna si deve ricevere, però deve mettersi
all’ultimo posto in comunità; se va via una seconda volta si deve accogliere di
nuovo, e poi anche una terza volta.
Anna: E poi anche una quarta,
una quinta, una sesta?
Thomas: No, alla terza ci
fermiamo. Volevo farti notare che san Benedetto non elenca una casistica. Ci
sono due motivi per cui gli uomini del sesto secolo potevano sentire la
necessità di lasciare il monastero, i soldi o l’amore. È significativo che san
Benedetto non indaghi sul motivo per cui il monaco è scappato.
Anna: Sono gli stessi motivi,
presumo, per cui un monaco o un sacerdote scelgono oggi di abbandonare la vita
religiosa, anche se ci potrebbe essere una terza motivazione, un calo di fede.
Quando torna sui suoi passi, non deve confessare e raccontare tutto alla sua
guida spirituale?
Thomas: Sí, ma il suo peccato
rimane nel segreto del confessionale.
Anna: Come mai san Benedetto
era così discreto su questo lato?
Thomas: È discreto su tutti i
lati. Aveva una certa sobrietas romana,
e come uomo spirituale forse non immaginava che potessero accadere certe cose. Fra
gli esseri umani il sesso è un mezzo di comunicazione interpersonale. Il
biologismo, in cui cadono certi manuali di teologia morale, ci fa perdere il
senso umano della sessualità. Alla natura del sesso appartiene la capacità di
comunicare con un verbo che s’incarna, ossia con una nuova vita. Il bambino
diventa l’espressione di questa comunicazione fra due persone che si amano e si
uniscono. Quando si parla di abuso sui bambini, non mi riferisco soltanto al
sesso; esistono altre forme di abuso fisico e psicologico. I bambini devono
avere il loro spazio di riservatezza, di segretezza, perché possano parlare tra
di loro senza l’invadenza degli adulti. I bambini in qualche modo devono
scoprire le loro emozioni, i loro affetti da soli, ma nello stesso tempo devono
essere guidati, educati, curati anche in materia sessuale. Ai bambini non deve
mancare l’educazione sessuale. La cosa più importante è che il bambino senta
subito che il sesso è normale, bello, positivo e intimamente legato ai rapporti
profondi e stabili di amore.
Anna: Quante generazioni sono
state cresciute nell’ignoranza del sesso! E quanti genitori, insegnanti,
sacerdoti hanno educato i giovani alla paura e al disprezzo di tutto ciò che
era fisico! In famiglia si parlava poco, e le uniche informazioni
sulla sessualità i bambini le avevano attraverso le confidenze degli amichetti
più grandi o più furbi. E grazie alla cappa opprimente di un cattolicesimo
repressivo in Italia non si è mai realizzato un serio progetto di educazione
sessuale nelle scuole.
Thomas: La Chiesa in Italia
non è teologicamente identificabile con il cattolicesimo, tanto meno con
l’ecclesialità. Una volta si diceva che il fine primario dell’unione fisica tra
marito e moglie era la procreazione, senza con questo escludere altri fini. Ora
si ha una visione più integrata, più ricca, grazie anche alla capacità dei
pensatori cattolici di rispondere alle obiezioni di persone non religiose o di
altre religioni. A queste obiezioni la Chiesa sta cercando di rispondere, ma
troppo spesso il dialogo è ancora un dialogo fra sordi.
Anna: Come si fa a combattere
l’AIDS, come si fa a combattere l’aborto se non si possono utilizzare i
contraccettivi? Non si può imporre a milioni di persone l’astinenza; non tutti
credono, non tutti ne hanno la capacità. Se un ragazzo non è educato fin dalla
primissima infanzia, come fa a vivere il sesso in modo umano, poetico, quando
la cultura della pubblicità trasforma tutto, anche il sesso, in merce? I
messaggi dei media sono forvianti e pericolosissimi. In famiglia e a scuola ci
deve essere pure qualcuno che spieghi la fisiologia umana, ma anche i valori
fondamentali della vita, l’amore, il rispetto, la tolleranza, la fedeltà.
Thomas: Le persone
intelligenti che sostengono la posizione ufficiale del magistero cattolico
ritengono ragionevole criticare l’insistenza dei laici sulla contraccezione. Il
discorso su quest’argomento va fatto all’interno di un’educazione sessuale
completa. Sul problema della contraccezione c’è una divisione all’interno della
Chiesa. Un uomo cui ho sempre prestato attenzione sulle questioni morali è
stato padre Bernard Haering. Lui considerava questa situazione come uno scisma
all’interno delle famiglie, della Chiesa e della società. Criticava la
posizione dei teologi cari al Vaticano, ma criticava ancor più severamente chi
puntava tutto il discorso su come regolare le nascite, su mezzi e tecniche,
senza considerare l’intenzionalità delle persone. Diceva giustamente: “Questa
non è teologia morale”. Una vera teologia morale considera la profonda
motivazione della persona e la finalità che si propone nell’uso dei mezzi, i
quali devono essere proporzionati, ossia mezzi buoni per fini buoni.
Anna: Ma l’educazione sessuale
e i contraccettivi possono prevenire una maternità indesiderata. Meglio
prevenire l’aborto, che è comunque un’esperienza traumatica per ogni donna; e
meglio prevenire il gesto brutale e disperato di chi getta un neonato in un
cassonetto.
Thomas: Non si tratta di
giustificare i mezzi con il fine ma di integrare fine e mezzi. Sono convinto
che l’aborto sarà sconfitto dalle donne, non certo dai preti né dai politici.
Tu mi poni tante domande sull’etica sessuale, alle quali non mi sento in grado
di rispondere. Sono un musicista e un povero monaco; mi sono specializzato
nella storia delle religioni ma non sono un teologo moralista. La mia opinione
personale non può sostituirsi all’intelligenza, al buon senso, alla buona
volontà delle persone sposate o delle persone che comunque vivono un rapporto
d’amore. Non accetteranno in una materia così delicata, che incide così tanto
sulla loro vita personale, affermazioni dogmatiche.
Anna: La Chiesa cattolica ha
dimostrato nei secoli di essere sessuofoba. Mi pare che l’induismo non sia da
meno.
Thomas: Non sono sessuofobi né
il cattolicesimo né l’induismo. Quando sono divenuto cattolico, ho visto nei
cattolici una grande sensibilità all’amore, all’affetto, e anche all’unione
gioiosa di due persone che si vogliono bene. Non credo che pensare sul mistero
del sesso e sul rapporto fra uomo e donna sia nemico della meditazione yoga.
Sono cose fatte per essere pensate, perché sono simboli del nostro rapporto con
Dio.
Anna: Le tecniche yoga
insegnano a trasferire in alto, nei chakra
superiori, le energie potenti che si trovano nei chakra inferiori. Non è questo il senso del risveglio della kundalini?
Thomas: “Trasferire in alto”
non significa reprimere, e la kundalini non
è da identificarsi con la libido.
Molti testi tantrici, e con essi Sri Yukteswar e Yogananda, paragonano
l’elevazione delle energie vitali a un sacrificio — il “rito del fuoco”
interiore. Nella Bibbia come nei Veda,
l’essenza del sacrificio non sta nella distruzione della vittima bensì nella
sua trasformazione in mezzo di comunione tra l’offerente e Dio.
Anna: La vecchiaia normalmente
aiuta a trovare una certa serenità e un maggior distacco dalla voluttà. Lo
ricorda anche Seneca nel De senectute.
Ciò che mi ha stupito di te è che un giorno mi hai detto: “Non vorrei mai
essere così”, quando ho citato questo concetto aggiungendo, poi, una mia
considerazione personale: Sapessi che conquista non avere più desideri, non
essere più schiavi del corpo!
Thomas: Le virtù non vivono
nell’assenza della possibilità di scegliere. Una virtù può essere esercitata
soltanto nella presenza dei desideri. Ci sono tre appetiti fondamentali:
l’appetito concupiscibile o il desiderio di possedere il bene, l’appetito
irascibile o il desiderio di battersi contro il male, e l’appetito noetico o il
desiderio di conoscere il bene e il male. Ne parlano i saggi dell’India come i
saggi della Grecia. È uno dei punti dove convergono Platone e le Upanishad. L’appetito concupiscibile ci
fa andare verso il bene per possederlo; l’appetito irascibile ci fa lottare
contro il male che ostacola la via verso il bene; l’appetito noetico calcola il
rischio e ci spinge a fuggire perché si teme l’ignoto. L’ignoranza è legata
intrinsecamente alla paura. Questi tre appetiti sono buoni.
Anna: Anche le passioni sono
buone?
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