Il
Male e il Bene
Anna: Parliamo dell’eterno
conflitto tra il Bene e il Male. Il concetto del male differisce secondo le
epoche e le latitudini. È relativo, com’è relativo il bene. Le religioni ci
dicono che noi esseri umani siamo incapaci di trovare una morale comune, quindi
abbiamo bisogno di comandamenti, precetti, punizioni. Eppure io sono convita
che l’uomo ha in sé un potenziale etico che verrebbe fuori naturalmente se
nella primissima infanzia il bambino non fosse violentato psicologicamente dai
genitori, spaventato inutilmente, costretto all’obbedienza, non con la bontà
del ragionamento e della verità, ma con le minacce e i ricatti, abituandolo
subito a questa visione distorta della vita e della realtà e impedendogli di
sviluppare così il senso di responsabilità. Un bambino che cresce nel terrore
di sbagliare per evitare la punizione diventerà difficilmente un uomo libero;
la sua creatività e la sua fantasia rimarranno paralizzate dalla paura. Se si
considera che i primi anni di vita sono decisivi per l’impostazione della personalità,
possiamo comprendere quante ferite irreparabili siano state inferte nella
psiche degli esseri umani. Una grande sofferenza e anni di seria analisi a
volte possono modificare quest’imprinting
iniziale.
La psiche del bambino è come una spugna,
incamera a poco a poco i valori espressi dalla famiglia, dalla scuola, dalla
società, che oggi sono il potere, il denaro, il successo, invece di imparare ad
amare la tolleranza, il rispetto, la fratellanza. Un giovane può addirittura
commettere atti criminali credendo di emulare gli adulti, o di stupirli
provocandoli. Ricordi il film di Hitchcock Nodo
alla gola? Un giovane uccide un suo compagno perché aveva frainteso i
discorsi eccentrici sulla morale di un suo professore, che ha l’aria
dinoccolata e un po’ distratta di Jimmy Stewart. Sappiamo bene come il codice
d’onore della mafia abitui i figli dei criminali a vivere in un clima dove
tutti i valori sono ribaltati e dove uccidere è considerato un fatto “normale”.
Thomas: Hai detto due cose
prima, che il bene e il male sono relativi, e sono concepiti diversamente
secondo le diverse culture. Seconda, che abbiamo in noi un “potenziale etico”
che fa parte della natura umana, e con quest’affermazione sono pienamente
d’accordo. La prima, ossia il relativismo etico, non lo posso accettare. Il
relativismo è quasi un dogma nella cultura laica, ma non corrisponde alla
sapienza universale, quella “filosofia perenne” insita nelle grandi religioni.
Tuttavia, esiste un altro “relativismo” — platonico e cristiano — che potrebbe
illuminare l’argomento. Il bene è sempre un assoluto — si dice
“trascendentale”, come l’essere e il vero — mentre il male è soltanto relativo
rispetto al bene di cui è la privazione. Il male in sé non ha uno statuto
ontologico, è un parassita che “esiste” solo in quanto è la mancanza del bene
che dovrebbe esserci. Questo principio filosofico è la base razionale
dell’ottimismo cristiano che vede la bontà di Dio in tutte le cose.
Anna: Non sono serviti i
comandamenti di tutte le maggiori religioni e lo spauracchio dell’inferno a
trattenere l’uomo dall’abisso d’ignominia e crudeltà in cui è caduto in varie
epoche storiche. L’etica non può più venire dall’alto, non deve essere più
qualcosa di estraneo all’uomo, imposto dall’esterno, ma deve nascere dal cuore
dell’uomo, essere radicata nella sua anima. Soltanto in questo caso una persona
può essere capace di grande generosità, fino a sacrificare la propria vita per
gli altri, in nome di un ideale. Si può essere laici e non credenti e vivere
una vita eticamente ineccepibile.
Nei tempi antichi, per aiutare gli uomini a
districarsi nelle regole della vita quotidiana c’erano i profeti, anzi nel
Vecchio Testamento troviamo anche molte profetesse. Avevano il compito di
segnare la strada al popolo di Dio, parlavano in suo nome. In un certo senso
rendevano chiari i termini del bene e del male, non c’era la possibilità di
equivocare, di sbagliare. Oggi i profeti non esistono più, l’uomo deve trovare
dentro di sé la propria guida, il Sé. Forse l’ultimo grande profeta in senso
biblico è stato Gandhi; ha guidato una nazione intera verso l’indipendenza
mettendo in gioco soltanto la sua vita. Nella Bhagavad Gita, il vangelo degli indù, il male sembra essere
soprattutto l’attaccamento egoistico, e nel canone buddhista gli ostacoli
all’illuminazione sono ugualmente il concetto di io e mio. È la non–azione,
l’azione senza attaccamento ai frutti, che ci conduce verso la realizzazione.
La morte dell’ego, il sacrificio di sé, è essenziale per la nostra liberazione.
L’orgoglio è il più grande ostacolo alla saggezza.
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