giovedì 4 ottobre 2018

Tantra e yoga


Tantra e yoga

Anna: Nel suo commento al Mahamudra di Tilopa, Rajneesh si sofferma sulle differenze sostanziali che ci sono tra il tantra e lo yoga. Il più alto livello dello yoga — dice — è il primo gradino del tantra. L’uno è concentrato sull’ego, l’altro sul non–ego. Il primo è orizzontale, l’altro è verticale.

Thomas: “Laddove finisce lo yoga comincia il tantra”, è una dottrina tipicamente indiana. L’India elabora i suoi sistemi di yoga affermando sempre che la meta finale trascende lo yoga e non può essere raggiunta con gli sforzi umani. Così diceva Abhinavagupta, un mistico del Kashmir vissuto intorno all’anno Mille. Lo dicevano i primi testi tantrici al principio dell’era cristiana. Stai toccando argomenti presenti nella letteratura su yoga e tantra che mi sono familiari; ho anche scritto qualcosa in merito.[i] Dubito di quasi tutto quello che si scrive sul tantra in Occidente. Il problema centrale non sta nella differenza tra yoga e tantra, che è notevole, ma nelle differenze, altrettanto notevoli, tra tantra e mistica cristiana.

Anna: Poi continua: “Allo yoga ci vogliono milioni di vite per raggiungere la meta, con il tantra basta un secondo. Con Patanjali si viaggia su un carro trainato da buoi, ci si muove nel tempo; con Tilopa si viaggia su un aereo e si trascende il tempo. Volontà è la parola chiave dello yoga, arrendersi è la parola chiave del tantra, e il tantra è il cammino dell’amore perché l’amore è resa”. Anche la tecnica insegnata da Yogananda appartiene agli antichi insegnamenti del Tantra Yoga e viene da lui definita la via più rapida e sicura per raggiungere Dio. Amare è arrendersi alla volontà del Padre celeste.

Thomas: Yogananda avrà detto “Love is surrender”. La parola surrender non si traduce come “resa”, bensì come “abbandono”. Il verbo inglese, nel contesto religioso, ha una risonanza poetica; evoca l’immagine dell’amante che si getta fra le braccia dell’amato. È un’immagine che troviamo anche nei testi di Bhakti Yoga, quello della devozione, dell’amore. Surrender era un’espressione molto cara anche a Padre Bede Griffiths.

Anna: Volere intensamente qualcosa, anche se questo qualcosa è Dio, mette necessariamente in moto l’ego, l’orgoglio. E l’orgoglio è il più grande ostacolo alla saggezza. E la Bhagavad Gita ci dà una bella immagine del saggio: “Chi non ha paura del mondo e di cui il mondo non ha paura”.

Thomas: L’orgoglio delle persone religiose è quel vizio che san Benedetto chiama “lo zelo amaro che conduce all’inferno”. Invece, lo zelo buono consiste nel considerare tutti gli altri migliori di sé e nel preferire sempre quello che vogliono gli altri. Spesso mi domandano se i monaci occidentali abbiano sviluppato il loro yoga. La risposta è sì, consiste nella pratica di un’ascesi interiore che sfocia nello “zelo buono” di cui parla la Regola benedettina.

Anna: Quando in Occidente si parla di tantra, in genere si pensa a esercizi di ginnastica sessuale. Si è perso completamente il senso di pratica spirituale. In ognuno di noi ci sono le due polarità: uomo–donna, Shiva–Shakti. Tutte le tecniche, compresa l’unione fisica, maithuna, servono per risvegliare la kundalini, la potente energia raffigurata come un serpente avvolto a spirale, addormentato alla base della colonna vertebrale. Quando il corpo è purificato attraverso la meditazione e la dieta vegetariana, la kundalini–shakti sale lungo il canale sushumna fino al loto dei mille petali, sede del Signore Shiva. E con l’unione delle due polarità il praticante perde la sua individualità per immergersi in sat–cit–ananda, entra nell’Esistenza–Coscienza– Beatitudine Assoluta e diviene uno con il Supremo. Se non si è preparati al risveglio dell’energia creatrice si possono avere seri problemi. Come se una lampadina, costruita per reggere 50 watt, fosse improvvisamente inondata da 3000 watt.
   Per raggiungere il risveglio della kundalini, swami Satyananda, uno dei grandi tantrici, insegna diciassette Kriya dei cento che ha raccolto da diverse scritture antiche. Sono esercizi difficilissimi che presuppongono una lunga e dura pratica di Hatha Yoga, di pranayama e ore e ore di meditazione. Paramahansa Yogananda ha avuto il compito dal suo maestro di portare queste tecniche, in parte semplificate, agli occidentali. Lo yoga spirituale secondo la Bhagavad Gita si basa sulla devozione, sulla costante presenza di Dio, sul servizio all’umanità.[ii]

Thomas: Il problema è la scelta degli occidentali che si buttano nelle tecniche di yoga o di altre discipline induiste e buddhiste. Partono dal recupero del corpo necessario in una cultura ammalata di razionalismo e di meccanicismo. Ecco perché molte persone incontrano l’Oriente in palestra. Se poi questo “yoga da palestra” li condurrà alla “presenza di Dio” è un’altra questione. È paradossale che, nel momento in cui la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicava il documento sulla meditazione, dando l’impressione di mettere al bando “yoga, meditazione trascendentale e zen”, nella palestra del Vaticano le guardie svizzere del papa si addestravano alle arti marziali di origine coreana e giapponese, che altro non sono se non una specie di “tantrismo della violenza”, analogo a quello del sesso.

Anna: Nel maithuna l’unione tra uomo e donna avviene dopo mesi di preparazione e dopo lunghe meditazioni su un mandala o su uno yantra. Ed è essenziale la non dispersione del seme da parte dell’uomo. Non è contemplata la parola orgasmo. Trovo davvero curioso, invece, che un tantrico come Rajneesh la utilizzi per parlare di cose elevate; lui usa spesso l’espressione “orgasmo cosmico”.

Thomas: Perché lo trovi curioso? Si tratta di una metafora, che zoppica come zoppicano tutte le metafore. Quello che mi lascia perplesso è la soppressione dell’orgasmo nel maithuna. L’orgasmo non è una cosa degradante; è una funzione corporea del tutto naturale e in certi casi necessaria. Ammesso che l’unione fra uomo e donna, cioè l’atto sessuale, possa essere un atto veramente religioso, non vedo perché debba escludere l’orgasmo.

Anna: Perché allora nei testi sacri di tutte le maggiori religioni si parla di castità, come della via privilegiata per raggiungere Dio? È uno dei voti principali sia dei cattolici come degli induisti.

Thomas: Sono monaco ma non credo di seguire una “via privilegiata”. Ho attraversato anch’io un periodo di auto–repressione, dopo aver letto i libri di Yogananda e di altri sullo yoga. Cominciai a temere tutto ciò che riguardava il sesso e a vergognarmi della mia sessualità. Poi, quando mi sono fatto cattolico, l’insegnamento degli autori ecclesiastici in materia sembrava identico a quanto predicava Yogananda.
   Come modello dell’adolescente casto gli autori cattolici proponevano san Luigi Gonzaga. Proveniva dalla grande nobiltà, per cui la scelta di farsi gesuita fu uno scandalo. C’era qualcosa in lui che non mi convinceva, mi sembrava un nevrotico, un represso. Quando ero novizio a New Camaldoli, il priore mi disse: “Parlano tanto di san Luigi; sai una cosa? Quando ha cominciato ad avere eiaculazioni notturne, una notte si svegliò e notando il lenzuolo bagnato disse: Terra dedit fructum suum, ‘La terra ha dato il suo frutto’”. Di Luigi Gonzaga mi sono ricreduto, quando venni a sapere che si era votato agli appestati.        



[i]Thomas Matus, Yoga and the Jesus Prayer Tradition: An Experiment in Faith (Paulist Press 1984).
[ii]Bhagavad Gita, cap: 6,7,8.

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