giovedì 4 ottobre 2018

L’occhio del diavolo


L’occhio del diavolo

Anna: Ricordi il film L’occhio del diavolo di Bergman? Narra la storia di Belzebù che manda sulla terra Don Giovanni con un altro diavolo per conquistare l’anima di due donne, la moglie e la figlia di un pastore. Ci mettono del tempo ma alla fine ci riescono. Il bello è che i due poveri diavoli — è proprio il caso di dire — s’innamorano delle due donne. Il tema del demonio era molto caro alla Chiesa nel Medioevo; oggi è tornato di moda. Ne parlò anche Giovanni Paolo II. Ma il diavolo non potrebbe essere la nostra ombra, come la chiama Jung? Nel Bardo Thödöl, il Libro tibetano dei morti, l’anima del defunto è accompagnata per quattordici giorni da preghiere particolari che l’aiutano ad affrontare i suoi demoni, poiché i demoni sono soltanto la proiezione della sua psiche, del suo inconscio.

Thomas: Che ci sia un diavolo e che abbia un regno pare certo; su questo i vari miti convergono. Il regno del diavolo è estraneo al nostro mondo delle cose belle e sane, il mondo dei corpi. Se i demoni detengono un certo potere, è un potere che porta fuori dalla concretezza, dalla vitalità e dalla bontà dei nostri corpi, ossia, fuori dal principio di comunione che ci unisce alle stelle, alle piante, ai pesci, agli uccelli, ai mammiferi e gli uni agli altri.
   Paramahansa Yogananda parlava espressamente del diavolo. Quando cominciai a frequentare le lezioni della Self–Realization Fellowship, questo suo insegnamento fu per me una sorpresa. Avevo respinto il concetto di un demonio; non mi piaceva quanto ne dicevano i predicatori che avevo ascoltato. Poi ho scoperto che parlano del diavolo l’induismo e il buddhismo, non meno della Bibbia e del Corano. I vari testi raccontano in modo simile le tentazioni dei demoni. Il Buddha fu tentato durante la sua veglia prima dell’illuminazione; la letteratura monastica cristiana parla delle tentazioni subìte dai “padri del deserto”. Questi uomini e donne spirituali hanno dovuto lottare per raggiungere il bene: vedi la Vita di sant’Antonio Abate, per esempio.

Anna: Nella letteratura i demoni catturano l’anima promettendo la vita eterna.

Thomas: Tra le grinfie di Mefistofele finisce Faust, come ci finisce il povero soldato Giuseppe con il suo violino, nella favola russa — una storia che mio nonno ci raccontava e che è stata musicata dopo la prima guerra mondiale da Igor Stravinskij. Il discorso è che noi non apparteniamo al regno del demonio; egli acquista potere su di noi solo se gli regaliamo la nostra anima, se gli diamo il nostro “violino”. La nostra coscienza, l’intimità del nostro spirito è una fortezza inespugnabile di fronte a qualsiasi potere in terra, nel cielo e sotto la terra, tant’è vero che neppure Dio vi può entrare senza il nostro “sì”. Dio ci abita perché è nostro Creatore, è onnipresente, il Tutto in tutti. Però, la nostra libertà inviolabile è il limite dell’onnipotenza di Dio. Dio non è abbastanza onnipotente da toglierci la libertà, è un controsenso in termini filosofici, uno dei paradossi del reale che i filosofi non sono mai riusciti a risolvere. La verità non è soltanto quella filosofica.
   Il demonio non può essere oggetto di fede; lo è Gesù che ha vinto il male, sotto qualsiasi forma, soprattutto il male che è il mio peccato. Mi libera anche dalla soggezione alle potenze invisibili, che le varie tradizioni chiamano “demoni”. Il male non appartiene alla mia natura.

Anna: La natura dell’uomo è fatta di luce e di ombre. Il male è dentro di noi, come il bene è in noi; non è qualcosa che ci cattura dall’esterno.

Thomas: È una metafora, e ogni metafora zoppica. Tu hai usato quella di “ombra”, benissimo. Ma un’ombra è inesistente. Esistono soltanto la luce e il corpo.

Anna: Ma l’ombra è il rovescio della medaglia, della luce; come il male è il contrario del bene, la notte del giorno, il freddo del caldo.

Thomas: L’ombra non esiste in sé; non appartiene né al corpo né alla luce. L’ombra è la luce che manca, la luce intercettata, ma la luce si ritrova dall’altra parte del corpo. Se guardo l’ombra vedo nero; basta che mi sposti e vedo la luce che bagna il lato opposto del corpo. Nessuna creatura nel cielo, sulla terra o sotto terra è intrinsecamente cattiva. Non esiste una “natura” del male; non è un “assoluto”, né esiste in sé. Esiste solo come mancanza della luce che ci dovrebbe essere, che la nostra coscienza si aspetta di vedere. Questo vale anche per il mondo che si trova di là della nostra percezione diretta ed empirica, il mondo degli spiriti, di cui tutte le grandi religioni parlano.

Anna: Da dove viene allora il male? Lo manda Dio come prova? Nella preghiera del Padre nostro si dice ancora “non ci indurre in tentazione”, anche se Papa Francesco ha proposto recentemente una versione che ritengo più giusta. Al posto di “non ci indurre in tentazione” si dovrebbe dire  “non lasciarmi cadere in tentazione” o “non abbandonarci alla tentazione”. Proposta non ancora recepita nella liturgia.

 Thomas: Papa Francesco ha suggerito una modifica al Padrenostro come se volesse gettare un sassolino nello stagno. Il problema di fondo è se la Chiesa cattolica vuole seguire una linea di letteralismo biblico e di fondamentalismo liturgico, che sarebbe contraria alla propria tradizione più sana. Non solo dobbiamo "modificare" i testi di un tempo; bisogna contestualizzare il discorso di fede nel tempo attuale e per il popolo di fede che cammina con l'umanità verso orizzonti poco chiari. Oltretutto dobbiamo esprimere la fede nel "Dio-misericordia", come ci hanno esortato S. Giovanni Paolo II ed il suo successore attuale.

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