Induismo
e cristianesimo, analogie e differenze
Anna: L’induismo e il
cristianesimo sono due cammini paralleli per raggiungere Dio. I differenti riti
religiosi costituiscono soltanto l’aspetto formale; l’essenza delle religioni
sta nel ricollegare l’individuo al divino.
Thomas: Sono due cammini
paralleli; a un certo punto possono anche convergere. Nella Bhagavad Gita alcuni punti basilari si
avvicinano ai punti basilari delle Scritture bibliche: per esempio, che la vita
dell’uomo è fondamentalmente buona e che vale la pena viverla bene, che Dio è
buono e che la vita dell’uomo è una via verso Dio.
Anna: E che Dio è Uno. Nella
maggior parte degli occidentali c’è prevenzione e ignoranza sull’induismo, che
viene definito religione politeista. Partiamo dal dato di fatto che l’induismo
è una religione monistica. La Isha
Upanishad esprime bene questo concetto dell’uno indivisibile che si
dispiega nella molteplicità. Il Brahman è Assoluto e Infinito. “Gli dei —
scrive Sri Aurobindo — sono Brahman che rappresenta Se stesso nelle Personalità
cosmiche esprimenti la Divinità unica; essi, nella loro azione impersonale, si
presentano come l’azione variabile dei principi della Natura”.[i] Il
ripiegarsi e il dispiegarsi dell’Uno nei Molti — prosegue Sri Aurobindo — è
quindi la legge dell’eterno ricorrere dei Cicli cosmici”.[ii]
Thomas: Sri Aurobindo, grande mistico e filosofo bengalese — a
proposito, era lontano parente di Yogananda — sosteneva una specie di monismo
senza negare la realtà contingente e relativa del cosmo e l’individualità della
persona umana. Anche il cristianesimo è “monistico”, Dio è “Uno-senza secondo”;
gli altri esseri non costituiscono un “secondo”, poiché sono creati dal nulla.
Non distinguerei le religioni fra quelle
monoteistiche e quelle no. Il cristianesimo, con la sua dottrina della Trinità,
si differenzia notevolmente dall’Islam, che afferma l’assoluta unità e unicità
di Dio. Si tratta del medesimo Dio? Ci sono coloro che ne dubitano dall’una e
dall’altra parte.
Anna: Anche l’induismo ha la
sua trinità: Sat, Tat, Om,
ovvero Padre, Figlio e Spirito Santo. Sat,
o Assoluto, il Brahman, è l’aspetto
Saggezza di Dio, colui che è stabile e immutabile; Tat, o Coscienza cosmica, l’intelligenza onnipresente di Dio
immanente nella creazione, è l’aspetto Figlio; Om, o vibrazione divina, il potere divino che rende concreta la
creazione, è l’aspetto Madre.
Thomas: Sono tante le
“trinità” o triadi nell’induismo, anche se non si può dire: “Come nel Nuovo
Testamento è rivelata la Trinità di Padre, Verbo e Spirito, così nei testi
induisti è rivelata la trinità di Sat,
Tat, Om”. È una semplificazione che non onora l’unicità dell’induismo,
non rispetta ciò che ha di specifico e lo riduce a una specie di cristianesimo
monco o mascherato.
Anna: Nell’induismo il Cristo
è considerato la nona reincarnazione di Vishnu.
Thomas: Sono considerazioni a
posteriori. Dato che i cristiani dicono: “Quest’uomo è Dio”, gli indù lo
interpretano secondo la loro dottrina sulle incarnazioni di Vishnu, dette avatara, “discese”. Come i cristiani a
volte applicano in modo acritico le categorie bibliche e dogmatiche agli insegnamenti
induisti, così gli indù cercano di capire le dottrine cristiane nei termini dei
Veda e delle Upanishad.
Le religioni della Bibbia e quelle
dell’India affermano che c’è un bene etico oggettivo, che l’uomo deve seguire
un cammino preciso per raggiungere il suo fine, la sua intrinseca verità, sia
che si dica Nirvana, Brahman o l’unione con Dio. Affermano
anche che questo cammino corrisponde alla sua natura; l’uomo non deve cessare
di essere uomo per raggiungere il fine, anche quando gli sembra di scendere in
battaglia, apparentemente contro la propria natura, in realtà contro le forze
centrifughe, disgreganti, contrarie alla sua vera natura.
Nel cammino verso il nostro fine troviamo
Dio avanti a noi, dietro, accanto, dentro. La teologia cristiana parla della
grazia di Dio, creatore e redentore. Dio effonde se stesso sull’uomo che lo
cerca, perché Dio lo ama. Su questo punto vedo una forte convergenza tra la Bhagavad Gita e gli insegnamenti della
Bibbia, penso alla prima lettera di Giovanni. Ci vedo delle somiglianze, ma
noto anche delle differenze.
Anna: Perché non specifichi
meglio queste somiglianze?
Thomas: Per una scelta di
metodo, procedo con cautela, tranquillamente, secondo due principi. Il primo è
il giudizio globalmente positivo sull’altra religione; parto dal presupposto
che in essa ci sia bontà e verità. Il secondo è il principio dell’analogia,
intesa come una conoscenza che ammette sia somiglianze che differenze, ma senza
alcun pregiudizio, del tipo: “Qui è tutto simile, tutto uguale”, e neppure:
“Qui è tutto l’opposto, tutto inconciliabile”.
Anna: Per Sri Aurobindo la
funzione delle varie religioni è di entrare in relazione con l’Uno. Tutte sono
giustificate da questa necessità essenziale. “Tutte esprimono una sola Verità —
dice — in modi diversi, e per diversi sentieri, avanzano verso un’unica meta”.[iii]
Thomas: Sono d’accordo con
Aurobindo. La verità è una e la meta è unica per tutti. Non accetto invece un
approccio filosofico distaccato di tipo illuministico. Si tratta di un paradigma
ormai superato nelle scienze naturali, cioè, l’illusione dell’osservatore
distaccato e oggettivo. Il cosiddetto relativismo illuminato che dice: “Le
religioni sono tutte uguali”, non rispetta la natura intrinseca di nessuna
religione. Tutte le religioni affermano o implicano un mistero ineffabile e
incomprensibile. Posso conoscere il mistero; mi ci posso avvicinare fino
all’unione mistica. Allo stesso tempo non posso contenere tutto il mistero
nella mia particolarità, perché mi troverò, pur nella massima unione con esso,
sempre con l’eccedenza del mistero, che trascende il mio limite.
Anna: È vero, come possiamo
pensare di avvicinarci all’inconoscibile, come possiamo noi, esseri finiti,
cercare di immaginare l’Infinito? Attraverso la rappresentazione simbolica noi
tentiamo di spiegare le leggi dell’universo. Soltanto nel samadhi, quando nella profonda meditazione siamo diventati una sola
cosa con Dio — dicono gli yoghi — possiamo arrivare a intuire la meravigliosa
complessità dell’Assoluto. Abbiamo detto quello che unisce le due religioni.
Possiamo tentare di vedere ciò che le rende diverse.
Thomas: Nella ricerca
sull’altra religione do la priorità a quello che ci unisce, come diceva papa
Giovanni XXIII. Però devo sempre praticare il discernimento, operazione
altamente spirituale, uno dei doni dello Spirito santo secondo la teologia
medioevale. In quei punti dove l’altra religione differisce dalla mia — che
siano pochi o molti non importa — c’è un nucleo di verità. Devo presumere
questo, altrimenti il mio approccio nei confronti dell’altra religione non è
religioso, né cristiano, né in armonia con quanto la Chiesa cattolica ha
affermato nel Concilio Vaticano II.
Anna: In tutte le maggiori
religioni c’è una figura centrale cui fa riferimento il devoto, nella sua
preghiera e nella sua pratica quotidiana. Nel buddhismo il Buddha,
nell’islamismo Maometto, nell’induismo Krishna, anche se in realtà l’induismo
ci propone più figure, nel Cristianesimo il Cristo.
Thomas: Sono analogie. Gli
indù hanno il concetto di avatara o
incarnazione divina; i buddhisti no. Se un mussulmano arrivasse a dire:
“Secondo me, Maometto è Dio”, sarebbe decapitato come eretico. Quindi, il
rapporto non è il medesimo. È nella relazione che i cristiani hanno con Gesù
Cristo che troviamo la peculiarità del cristianesimo e la sua irriducibilità a
uno schema comune a tutte le religioni. È particolare, che ti devo dire? Che
poi non esclude niente e nessuno, secondo il mio punto di vista.
Anna: Vuoi forse dire che
soltanto il Cristo ha la possibilità di salvarci?
Thomas: In Cristo c’è tutto
quello che dal punto di vista umano si direbbe degno di salvezza. Tutto è stato
assunto, redento e divinizzato in lui.
Anna: In tutte le religioni ci
sono i dieci comandamenti, in altre parole delle regole, un’etica, una morale
da seguire. E tutte le religioni promettono la salvezza. Il fine è sempre il
ricongiungimento con Dio. Allora perché soltanto con il Cristo si può ottenere
la salvezza?
Thomas: Dire: “soltanto con il
Cristo”, mette Cristo in una posizione concorrenziale; il suo rapporto con
l’umanità non è così.
Anna: Non è forse vero che la
Chiesa ha messo Cristo in posizione concorrenziale con tutte le altre
religioni, per secoli e secoli?
Thomas: Oggi non dobbiamo più
vedere Cristo come concorrente, competitore, avversario degli altri. È forse
necessario metterlo in concorrenza con la sapienza universale o con
l’insegnamento etico delle altre religioni? Non uccidere, non rubare, non
mentire, non strumentalizzare l’amore dell’altro — tutte le religioni lo
dicono. Cristo non può essere in concorrenza con una sapienza che si pone con
stupore, con gratitudine, con riverenza di fronte al Mistero, al Deus optimus maximus, l’ottimo e il
massimo che superano ogni limite, soprattutto il limite della nostra
comprensione. La teologia oggi deve essere una teologia autocritica. L’incontro
fra le religioni, per il bene dell’umanità, non sia mai più concorrenziale né
conflittuale!
[i]Sri
Auribindo, commento a La Isha Upanishad,
pag. 40. Sri Aurobindo Ashram.
Pondicherry. India
[ii]Op. cit., pag. 45.
[iii]Op. cit., pag. 63.
12. The Bagavad Gita, Self Realization Fellowship. Los Angeles.
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