giovedì 4 ottobre 2018

La Chiesa deve convertirsi


La Chiesa deve convertirsi

Anna: Giovanni Franzoni nel suo libro, La solitudine del samaritano, una parabola per l’oggi, prende spunto dalla nuova etica della solidarietà per parlare anche di Monsignor Romero, vescovo del Salvador, ucciso dagli squadroni della morte.  Papa Francesco, dopo trentacinque anni dalla sua morte, ha riconosciuto monsignor Romero martire e, dopo anni di resistenze e insabbiamenti in Vaticano, perché il vescovo era considerato erroneamente vicino alla Teologia della Liberazione, è stato beatificato. La sua festa sarà il 24 marzo, giorno della sua morte. Nei suoi sermoni, Monsignor Romero, sempre schierato dalla parte dei più poveri, parlava spesso di conversione ma si riferiva alle gerarchie istituzionali, che avrebbero dovuto avvicinarsi alla sofferenza dei sofferenti e dei violentati. Giovanni Franzoni, morto nel 2017, fu sospeso a divinis nel 1974 per le sue idee sulla libertà di voto dei cattolici. Era abate della Basilica di S. Paolo a Roma. A distanza di molti anni, il Vaticano, nelle ultime elezioni politiche italiane, ha assunto la stessa posizione.

Thomas: Monsignor Romero, oltre ad essere un martire, era anche un profeta, come quelli della Bibbia che chiamavano tutto il popolo d’Israele, con i loro capi e i loro sacerdoti, alla conversione. Purtroppo, gli uomini di Chiesa, se sono ambiziosi, sono portatori di un vizio, di una specie di handicap spirituale che impedisce loro di ascoltare un profeta. A chi li chiama alla conversione rispondono: “La Chiesa non deve convertirsi, poiché ha sempre insegnato come noi insegniamo oggi, la Chiesa ha sempre fatto quello che noi facciamo”. Pretendono che nulla sia cambiato, oppure dicono che il cambiamento non è stato nella Chiesa ma nelle circostanze. Oggi si deve dire con onestà che più volte la Chiesa ha preso una direzione che a un certo punto si è mostrata sbagliata e allora la Chiesa ha cambiato rotta. Si è convertita. Riconoscere questo aumenterebbe moltissimo l’autorevolezza della Chiesa per la coscienza degli uomini di oggi.

Anna: Lo stesso Giovanni Paolo II, nel documento Tertio millennio adveniente, indicava come progetto per il Giubileo la necessità di un pentimento collettivo della Chiesa. Il papa scriveva che la Chiesa deve riconoscere il peccato che in suo nome è stato fatto nel passato, pentirsi e poi cambiare atteggiamento. Mi pare che Giovanni Paolo II sia stato il primo papa ad ammettere gli errori della Chiesa. E sulla scia di questa lettera, la conferenza episcopale argentina, dopo un lungo dibattito, ha scritto il documento “Camminando verso il terzo millennio”, dove chiede perdono a Dio per i crimini commessi nel paese negli anni settanta, al tempo della dittatura militare. La Chiesa argentina riconosce che non fece abbastanza o fu addirittura complice di una sporca guerra.

Thomas: La pubblica confessione dei peccati compiuti in nome della Chiesa è stata uno dei momenti più forti e più credibili dell’anno giubilare. Giovanni Paolo II non è stato il primo papa a dire che la Chiesa deve convertirsi; egli ha solo dato voce a una convinzione che da molto tempo è emersa nella coscienza dei cristiani veramente credenti e non solo osservanti, cioè nella coscienza di chi vuole vedere Cristo in sé e negli altri. Giovanni XXIII, un uomo insieme semplice ed erudito, un teologo ma soprattutto uno storico, vedeva come la Chiesa è cambiata lungo la sua storia e quindi capiva come la Chiesa di oggi dovrebbe cambiare. Papa Giovanni era allo stesso tempo un profeta e un uomo di grande cultura; non era un “contadinotto” come a volte l’hanno dipinto. Aveva un grande intelletto unito a un grande cuore. Fece capire che il cristianesimo è una cosa e la “cristianità” un’altra. Ci vorranno secoli perché accada un fatto simile, un papa rappresentante delle istituzioni che è anche un profeta. Non perché gli uomini che appartengono alle istituzioni siano incapaci di ricevere lo Spirito santo, ma perché in ogni struttura dove si gioca il potere c’è compromesso, ambiguità, divisione della psiche. L’uomo al potere diventa sempre “l’uomo dalle due menti”, come dice la Lettera di Giacomo.


Anna: Papa Francesco è stato definito più volte da Eugenio Scalfari su La Repubblica un Papa - profeta per il suo carisma, per il suo linguaggio diretto e semplice che arriva al cuore della gente.


Thomas: Nella Bibbia “profeta” non è chi dice quel che accadrà nel futuro ma chi dice quel che accade oggi visto alla luce della Parola di Dio. Il titolo “profeta” non si applichi troppo facilmente a chiunque. A mio parere, due sono stati Papi-profeti in senso vero: San Gregorio Magno, alla fine del sesto secolo, e San Giovanni XXIII ai tempi nostri. Entrambi vedevano il crollo dei poteri imperiali — o delle ideologie — e spronavano la Chiesa ad uscire dal cortile ecclesiastico, ad affrontare la nuova missione con uno spirito di dialogo con i popoli.

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