La
Chiesa deve convertirsi
Anna: Giovanni Franzoni nel
suo libro, La solitudine del samaritano,
una parabola per l’oggi, prende spunto dalla nuova etica della solidarietà
per parlare anche di Monsignor Romero, vescovo del Salvador, ucciso dagli
squadroni della morte. Papa Francesco,
dopo trentacinque anni dalla sua morte, ha riconosciuto monsignor Romero
martire e, dopo anni di resistenze e insabbiamenti in Vaticano, perché il
vescovo era considerato erroneamente vicino alla Teologia della Liberazione, è
stato beatificato. La sua festa sarà il 24 marzo, giorno della sua morte. Nei
suoi sermoni, Monsignor Romero, sempre schierato dalla parte dei più poveri, parlava
spesso di conversione ma si riferiva alle gerarchie istituzionali, che
avrebbero dovuto avvicinarsi alla sofferenza dei sofferenti e dei violentati.
Giovanni Franzoni, morto nel 2017, fu sospeso a divinis nel 1974 per le sue idee sulla libertà di voto dei
cattolici. Era abate della Basilica di S. Paolo a Roma. A distanza di molti
anni, il Vaticano, nelle ultime elezioni politiche italiane, ha assunto la
stessa posizione.
Thomas: Monsignor Romero,
oltre ad essere un martire, era anche un profeta, come quelli della Bibbia che
chiamavano tutto il popolo d’Israele, con i loro capi e i loro sacerdoti, alla
conversione. Purtroppo, gli uomini di Chiesa, se sono ambiziosi, sono portatori
di un vizio, di una specie di handicap spirituale
che impedisce loro di ascoltare un profeta. A chi li chiama alla conversione
rispondono: “La Chiesa non deve convertirsi, poiché ha sempre insegnato come
noi insegniamo oggi, la Chiesa ha sempre fatto quello che noi facciamo”.
Pretendono che nulla sia cambiato, oppure dicono che il cambiamento non è stato
nella Chiesa ma nelle circostanze. Oggi si deve dire con onestà che più volte
la Chiesa ha preso una direzione che a un certo punto si è mostrata sbagliata e
allora la Chiesa ha cambiato rotta. Si è convertita. Riconoscere questo
aumenterebbe moltissimo l’autorevolezza della Chiesa per la coscienza degli
uomini di oggi.
Anna: Lo stesso Giovanni Paolo
II, nel documento Tertio millennio
adveniente, indicava come progetto per il Giubileo la necessità di un
pentimento collettivo della Chiesa. Il papa scriveva che la Chiesa deve
riconoscere il peccato che in suo nome è stato fatto nel passato, pentirsi e
poi cambiare atteggiamento. Mi pare che Giovanni Paolo II sia stato il primo
papa ad ammettere gli errori della Chiesa. E sulla scia di questa lettera, la
conferenza episcopale argentina, dopo un lungo dibattito, ha scritto il
documento “Camminando verso il terzo millennio”, dove chiede perdono a Dio per
i crimini commessi nel paese negli anni settanta, al tempo della dittatura militare.
La Chiesa argentina riconosce che non fece abbastanza o fu addirittura complice
di una sporca guerra.
Thomas: La pubblica
confessione dei peccati compiuti in nome della Chiesa è stata uno dei momenti
più forti e più credibili dell’anno giubilare. Giovanni Paolo II non è stato il
primo papa a dire che la Chiesa deve convertirsi; egli ha solo dato voce a una
convinzione che da molto tempo è emersa nella coscienza dei cristiani veramente
credenti e non solo osservanti, cioè nella coscienza di chi vuole vedere Cristo
in sé e negli altri. Giovanni XXIII, un uomo insieme semplice ed erudito, un
teologo ma soprattutto uno storico, vedeva come la Chiesa è cambiata lungo la
sua storia e quindi capiva come la Chiesa di oggi dovrebbe cambiare. Papa
Giovanni era allo stesso tempo un profeta e un uomo di grande cultura; non era
un “contadinotto” come a volte l’hanno dipinto. Aveva un grande intelletto
unito a un grande cuore. Fece capire che il cristianesimo è una cosa e la
“cristianità” un’altra. Ci vorranno secoli perché accada un fatto simile, un
papa rappresentante delle istituzioni che è anche un profeta. Non perché gli
uomini che appartengono alle istituzioni siano incapaci di ricevere lo Spirito
santo, ma perché in ogni struttura dove si gioca il potere c’è compromesso,
ambiguità, divisione della psiche. L’uomo al potere diventa sempre “l’uomo
dalle due menti”, come dice la Lettera di Giacomo.
Anna: Papa Francesco è stato
definito più volte da Eugenio Scalfari su La Repubblica un Papa - profeta per
il suo carisma, per il suo linguaggio diretto e semplice che arriva al cuore
della gente.
Thomas: Nella Bibbia “profeta”
non è chi dice quel che accadrà nel futuro ma chi dice quel che accade oggi
visto alla luce della Parola di Dio. Il titolo “profeta” non si applichi troppo
facilmente a chiunque. A mio parere, due sono stati Papi-profeti in senso vero:
San Gregorio Magno, alla fine del sesto secolo, e San Giovanni XXIII ai tempi
nostri. Entrambi vedevano il crollo dei poteri imperiali — o delle ideologie —
e spronavano la Chiesa ad uscire dal cortile ecclesiastico, ad affrontare la
nuova missione con uno spirito di dialogo con i popoli.
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