Regole
e creatività
Anna: Se il contatto è tra il
tuo cuore e il cuore di Dio, a cosa serve l’istituzione? È soltanto una
sovrastruttura per fare soldi e gestire il potere. Vuol dire, quindi, che le
istituzioni non servono per raggiungere Dio.
Thomas: Purtroppo, le
istituzioni servono. Tu ed io siamo esseri umani, coinvolti già in tante
ambiguità nella società degli uomini prima ancora che nella Chiesa. Se vivi con
altri, avrai sempre a che fare con delle strutture istituzionali.
Anna: Capisco che devi stare
dentro le regole. Il vero realizzato è in sintonia con Dio, non ha bisogno di
regole.
Thomas: Le regole ci sono
sempre. Questo è evidente per chi accetta la definizione classica dell’arte “Il
fare secondo regole”. Si esercita l’arte quando si fa una cosa bella seguendo
delle regole.
Anna: Seguendo l’intuizione e
l’ispirazione. Altrimenti è puro tecnicismo. Tu puoi essere un bravo pittore,
conoscere la prospettiva, l’uso sapiente dei colori, però se non hai dentro
l’ispirazione, non dipingerai mai come Chagall o Picasso.
Thomas: Ho detto solo uno degli assiomi che governano l’opera
dell’artista. L’altro assioma è: “Le regole sono fatte per essere violate”. In
principio devo rispettare le regole perché sono i parametri della mia
creatività. Poi è la mia stessa creatività che mi spinge, non a inventarmi
soggettivamente delle regole, ma a riconoscere, come disse molto bene san
Benedetto, parlando delle leggi che aveva dato alla sua comunità “Non tutta la
giustizia è contenuta in questa regola”, che la santità non è lì. Mi devo
sentire allo stesso tempo guidato dalle regole e spronato a non fermarmi all’interno
delle regole. Perché altrimenti giro su me stesso, come il cane che insegue la
propria coda.
Anna: Chi deve dedicarsi
soltanto allo spirito e a Dio non deve occuparsi delle cose terrene? Deve
vivere isolato dal mondo, anche se nel paese c’è una dittatura, ci sono
ingiustizie, atrocità? Vuoi dire che soltanto i monaci, i mistici, sono
destinati a raggiungere Dio? Quale sarà il destino del resto dell’umanità?
Penso ad alcune figure splendide come Madre Teresa di Calcutta, ora santa,
l’Abbé Pierre, suor Emmanuelle, vite interamente dedicate ai diseredati della
terra. Un esempio per tutti. Per me sono questi i santi del duemila. Perché la
maggior parte dei religiosi sceglie, invece, di stare dalla parte delle
istituzioni? La Chiesa, soprattutto nel passato, era molto vicina a coloro che
detenevano il potere, i privilegi. In America Latina le gerarchie
ecclesiastiche erano spesso dalla parte della dittatura, mentre il monaco e il
prete si schieravano invece con gli oppressi. E in Italia, per decenni, durante
la messa domenicale i parroci davano addirittura indicazioni precise per chi
votare.
Thomas: Le istituzioni
conservatrici della società hanno sempre sfruttato la religione ai propri fini.
La Chiesa ha avuto tanti martiri per essersi opposta alla strumentalizzazione
della fede a scopi di potere e di oppressione. Durante la dittatura in Cile
l’arcivescovo di Santiago si è opposto a Pinochet, al Vaticano e agli Stati
Uniti, perché aveva capito benissimo che Pinochet non reprimeva soltanto il
comunismo, ma anche il cristianesimo e la democrazia. In certe situazioni la
Chiesa deve stare all’opposizione, fino a subire il martirio. Il monaco deve
stare sempre all’opposizione, mai con il potere politico, né dalla parte
vincente, ma deve rappresentare…
Anna: I bisogni del popolo.
Thomas: Non soltanto. Può
anche rappresentare i bisogni del popolo, ma il suo compito specifico è di
stare dalla parte perdente, solidale con i poveri e gli emarginati. Il
digiunare dai consumi, lo stare in disparte e in silenzio, rappresentano la
scelta di parte del monaco.
Anna: E se il perdente in quel
momento è un dittatore ?
Thomas: Ogni oppressore
opprime in quanto vincitore. Allora il monaco deve stare con gli oppressi. Dico
“dalla parte del perdente”, perché nella nostra società prevale l’ideologia del
successo, del vincere a tutti i costi, e questo il monaco contesta, come fanno
i teologi della liberazione. Una volta che gli oppressi hanno rovesciato
l’oppressore, sono ormai vincitori, sono entrati nel palazzo e hanno assunto il
governo, il monaco deve forse seguirli ancora?
Anna: Siamo nel terzo
millennio e stiamo ancora a discutere se un monaco debba stare nell’eremo o può
impegnarsi nella vita. Per modificare questa società violenta c’è bisogno di
tutti. Non si può scegliere l’isolamento, in nome di una via individuale alla
spiritualità mentre nel mondo c’è sofferenza. Mi sembra una scelta egoistica.
Addirittura non capisco la rigidità dei monaci che vivono sul Monte Athos dove
le donne non possono nemmeno avvicinarsi. Preferisco la figura del bodhisattva che sceglie di tornare sulla
terra, unicamente per aiutare gli altri a progredire. La via dell’amore per il
prossimo
Thomas: Perché non guardi a
come i monaci vivono in realtà? Camaldoli è un crocevia. Lo è stato sin dall’inizio.
Nel Medio Evo migliaia di persone passavano per Camaldoli, perché il monastero
stava sulla via dei pellegrini. Chi andava da Ravenna verso Roma doveva per
forza passare per Camaldoli. La situazione di Camaldoli è tutt’altro che
d’isolamento.
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