Duo concertante
Sono una donna segnata profondamente dalla dura scuola
della vita che ha imparato a rialzarsi dopo ogni caduta. Ho sentito la forza
della fede e della spiritualità in persone che professavano religioni diverse.
Ho appreso che Dio si cela sotto tutte le forme e si rivela, secondo le epoche,
in modo differente. Ho conosciuto luoghi benedetti da una maggiore presenza
divina e molti di questi erano in India.
Da millenni l’uomo si pone mille interrogativi sulla sua
esistenza, su Dio, sull’aldilà. E da millenni filosofi e mistici cercano una
risposta. Tentare di capire l’uomo, i suoi dubbi, le sue sofferenze, è
un’impresa difficile. Con quale animo ci avviciniamo a Dio? È giusto tentare di
svelare il suo segreto?
La preghiera è quel filo sottile che attraverso i
millenni ha unito l’uomo al divino. In tutte le religioni esiste da sempre la
figura dell’asceta che sceglie di isolarsi dal mondo per cercare nella
contemplazione un dialogo diretto con L’Assoluto. Oggi, ha ancora senso questa
scelta? Non si può pregare continuando a vivere nel mondo? Anzi, non è proprio
la sofferenza quotidiana il nostro modo migliore di pregare? [A.M.P.]
Sono un monaco cristiano. Vedo il senso della mia scelta
monastica in Gesù che sale sul monte a pregare ed è trasfigurato. Non sono
"nato" cristiano. Sono cresciuto in un ambiente laico, senza chiesa
né catechismo. Avevo seguito qualche
lezione della Bibbia nella scuola domenicale dei battisti, ma non conoscevo per
intero nessuno dei quattro Vangeli quando, all’età di quattordici anni, ho
letto la Bhagavad Gita. Ho abbracciato
la fede cattolica, ma cerco sempre di dialogare con quella parte di me stesso
che è stata formata dalle letture sull’induismo e sul buddhismo e dalla pratica
della meditazione yoga. Anch’io mi pongo tante domande sul bene e sul male,
sulla vita e sulla morte. Domande che rimangono senza risposta, se non quella
che la fede mi fa trovare, nascosta con Cristo in Dio. (T.M.)